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La sceneggiata di Vladimir Putin che celebra la Vittoria verrà condannata dalla Storia: è solo propaganda

Andrea Amata
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Il 9 maggio è una data simbolo per la Russia che celebra la sconfitta del nazismo. Nell’imminenza della rievocazione trionfante della Grande Guerra Patriottica, si teme che Vladimir Putin possa intensificare l’attacco all’Ucraina per annunciare l’espugnazione di obiettivi sensibili. Sin dall’esordio dell’aggressione russa, la propaganda putiniana ha indicato nella de-nazificazione dell’Ucraina lo scopo dell’intervento armato nel tentativo di ammantare di plausibilità l’invasione. Il Cremlino è stato vittima della sua stessa propaganda, che preventivava il benvenuto entusiasta del popolo ucraino. Al contrario, l’accoglienza è stata tutt’altro che esaltante, innescando un’indomabile tenacia nell’opporsi alla coercizione espansionista del Cremlino. D’altronde, può un popolo aggredito riconoscere all’aggressore il titolo di liberatore? Per Kiev, consegnarsi a Putin avrebbe significato rinunciare alla dignità di Stato sovrano e azzerare i progressi democratici compiuti, ricapitolando alla casella della soggezione geopolitica e regredendo al rango di Paese satellite. Per resistere occorre avere adeguati equipaggiamenti militari e bene sta facendo l’Occidente a rifornire di armi il Paese aggredito, affinché respinga l’assedio delle forze russe. Se l’Occidente avesse ignorato la richiesta di aiuto da parte di Zelensky, probabilmente oggi avremo alle porte dell’Europa un’entità ostile e, soprattutto, bramosa di far dilagare la sua volontà di dominio per stabilire una nuova gerarchia nell’ordine mondiale contro le democrazie liberali.

 

 

Molti invocano il protagonismo della diplomazia per tacitare le armi, ma in tale appello spesso si sottintende la resa ucraina, demandando alla responsabilità di Zelensky la continuazione delle ostilità e dell’agonia della popolazione locale. Per alcuni osservatori, che criticano l’invio delle armi all’esercito ucraino, e per i cripto-putiniani, che simulano un’indole pacifista, la mediazione tesa alla conclusione della guerra passa attraverso la smilitarizzazione di Kiev. Ma, vulnerare la difesa degli assediati equivale ad autorizzare l’aggressore a sgominare la resistenza, imponendosi nel ridisegno degli equilibri geopolitici. Il revanscismo espansionista di Putin trae linfa dalla memoria della grandezza sovietica, il cui culmine eroico nel Novecento viene raggiunto con la resistenza di Mosca e Leningrado alle truppe naziste. Ma, nella violazione dell’integrità territoriale ucraina si assiste alla trasposizione dei ruoli con il presunto erede dell’epica resistenziale che si sottrae a quel lascito per imporsi con la prevaricazione dispotica.

 

 

Per rendere la narrazione putiniana sulla de-nazificazione dell’Ucraina impermeabile alla confutazione fattuale si ricorrerà agli espedienti simbolici, con la parata celebrativa del 9 maggio che verrà utilizzata sia per veicolare un messaggio di orgoglio nazionalista sia per diffondere una versione vittimistica degli eventi recenti, descrivendo una Russia che reagisce alle umiliazioni perpetrate dall’Occidente. Una sceneggiata che la storia si incaricherà di condannare con la chiamata di correità di chi confonde l’usurpatore con le vere vittime.

 

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