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Dal cyberattacco alla risposta nucleare. L'esperto avverte: “Russia attrezzata, rischio escalation”

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Una nuova dimensione bellica che si aggiunge ai domini più tradizionali di cielo, terra, acqua e spazio. Sono gli attacchi cyber alle infrastrutture critiche di uno Stato, da quelle di produzione e distribuzione di energia elettrica agli ospedali e i ministeri, fino alle catene di comando, controllo e comunicazione militare. Il ‘cervello’ della guerra, anche questo basato sull’informatica e quindi soggetto a cyber attacchi. «E dal punto di vista storico, sappiamo che la Russia si è attrezzata molto presto per questo tipo di attacchi», spiega all’AdnKronos Guglielmo Tamburrini, professore di Filosofia della Scienza e della Tecnologia all’Università di Napoli Federico II all’interno del Dipartimento di Ingegneria elettrica e IT. Attacchi che rischiano di innescare un’escalation, rispondendo ad attacchi cyber con altre armi convenzionali o anche di tipo nucleare, perché «c’è sempre la possibilità che un attacco di tipo cyber possa scatenare una risposta che cyber non è. Il rischio che a un cyberattacco si possa rispondere perfino con un attacco nucleare, è una possibilità che non può essere del tutto esclusa, anche se ad oggi molto remota», spiega.

 

 

Stando all’ultimo rapporto sulla Nuclear Posture Review, periodicamente pubblicato dagli Usa (del 2018 l’ultimo rapporto pubblicamente disponibile) e che stabilisce la politica, la strategia, le capacità e la posizione delle forze nucleari statunitensi, «nel caso di un attacco non nucleare di tipo strategico a infrastrutture critiche, che possa avere effetti distruttivi particolarmente significativi, gli Stati Uniti potrebbero rispondere con le armi nucleari», dice Tamburrini. «Non è chiarito - sottolinea - se una risposta di questo tipo potrebbe essere innescata anche da un attacco di tipo cyber, ma alcuni commentatori, tra cui personalità che hanno svolto ruoli di governo come un assistente al segretario di Stato, ritengono di sì, che si possa rispondere a un attacco cyber distruttivo anche con armi nucleari. Questo è un pericolo enorme e sarebbe importante avere iniziative diplomatiche, negoziati e infine trattati internazionali per accordarsi sull’esclusione di una risposta di tipo nucleare a un attacco cyber». Perché al momento «siamo ancora in un dominio poco regolamentato a livello internazionale». 

 

 

Possibilità ad oggi «abbastanza remote - secondo Tamburrini - perché il lavoro per costruire un attacco cyber particolarmente distruttivo è molto dispendioso, in termini di tempo ed energie umane. Gli esperti sembrano concordare su questo punto. Ma le cose potrebbero cambiare attraverso l’intelligenza artificiale che può rendere tutto molto più veloce, automatizzando e rendendo più estesi e distruttivi gli attacchi cyber, e questo è un rischio sul quale la comunità internazionale deve riflettere e giungere a una regolamentazione. Siamo nel campo di una ipotesi che riguarda lo sviluppo tecnologico ma - conclude l’esperto - sulla quale riflettere in maniera preventiva per evitare nuovi rischi di escalation».

 

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