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Chi è Andriy Melnyk, l'ambasciatore dell'Ucraina che ha messo in ginocchio la Germania

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Ha criticato apertamente il presidente Frank-Walter Steinmeier, costringendolo a un ’mea culpà sulle politiche di cooperazione con il Cremlino. Ha attaccato direttamente il cancelliere Olaf Scholz, definendo «deludente» la posizione del governo tedesco sulle forniture di armi pesanti a Kiev. Andriy Melnyk, ambasciatore ucraino in Germania è uno dei capi missione più insoliti dell’Ucraina. Diplomatico di carriera, in servizio dal 1997, contraddice però l’idea consolidata sul lavoro di un ambasciatore. Eppure, secondo Deutsche Well, «la maggior parte degli osservatori è unanime nel ritenere che nessun altro diplomatico a Berlino abbia mai avuto la sua stessa influenza sulla politica estera tedesca». 

 

 

Quarantasei anni, una formazione in relazioni e diritto internazionali, capo missione a Berlino dal 2014, ma con esperienze anche in Austria, Melnyk parla fluentemente il tedesco, lingua che usa sui social per commentare, senza troppa diplomazia, le mosse tedesche rispetto alla crisi nel suo Paese. Già nelle settimane in cui era scattato l’allarme per una possibile invasione russa, l’ ambasciatore si era fatto loquace su Twitter e con la stampa, criticando i tentennamenti del governo di fronte alle tensioni con Mosca, chiedendo «la fine definitiva del Nord Stream 2 sul piano politico e legale», in un’offensiva mediatica che ha trovato comprensione anche tra i suoi detrattori in Germania e che sembra parte di una strategia più ampia indicata da Kiev: lo stesso presidente Volodymyr Zelensky non ha esitato a chiedere a Berlino un maggiore impegno. 

 

 

«Davanti a un vero cataclisma come la guerra di Mosca all’Ucraina», commenta un diplomatico europeo interpellato dall’AGI in forma anonima, «certe prassi della diplomazia è come se non valessero più. Basti pensare che sono stati platealmente violati accordi internazionali, come il Memorandum di Budapest sulle garanzie di indipendenza all’Ucraina e rivolte accuse dirette di ‘criminale di guerra’ dal presidente degli Usa, Joe Biden, al collega Vladimir Putin, capo di un Paese che non solo è potenza nucleare, ma che siede anche come membro permanente nel Consiglio di Sicurezza Onu». A metà febbraio, prima dell’invasione e in vista della missione di Scholz a Mosca del 15 febbraio, volta a perseguire quella che allora sembrava ancora una possibile de-escalation tra i due Paesi, l’ambasciatore Melnyk aveva auspicato che il cancelliere sbattesse «non solo il pugno, ma forse anche la scarpa se necessario, sul famigerato lungo tavolo del Cremlino per riportare Putin alla ragione e seppellire i suoi folli piani di conquista». Bollato come ‘persona non grata’ da Kiev che non lo ha voluto nella visita congiunta con i presidenti di Polonia e Paesi baltici, Steinmeier è stato costretto a un ‘mea culpa’ proprio dal duro intervento di Melnyk sul perché l’Ucraina ritenesse «indesiderabile» la presenza del presidente federale, già capo della cancelleria ai tempi di Gerhard Schroeder e due volte ministro degli Esteri nei governi Merkel. 

 

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