Guerra Ucraina e attacco nucleare, il sospetto atroce dell'esperto Pavel Luzin: "Il piano di Putin è cambiato"
La Russia pensa davvero di usare le armi nucleari? Pavel Luzin, politologo e studioso delle forze armate russe per il think tank Riddle, ha rilasciato un’intervista a Fanpage.it. in cui ha spiegato cosa sono le 2.000 armi nucleari tattiche o “non strategiche” (più piccole e a minor gittata rispetto all’atomica originale) in possesso della Russia, secondo la rivista "Scientific American".
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Luzin ha ammesso: “L’utilizzo di un’arma nucleare tattica può essere deciso semplicemente se Putin ritiene che le sue forze armate siano vicine alla sconfitta sul campo. L’opzione è oggi parte integrante del pensiero militare russo. La guerra non va secondo i piani del Cremlino. La probabilità quindi esiste. Non saprei dire se è del 5% o del 35%. Ma si tratta di un’ipotesi realistica”. Il politologo ritiene altresì che “il primo colpo sarebbe solo dimostrativo, psicologico. Su un’area disabitata o in mare aperto. Lo scopo è demoralizzare l’avversario e costringerlo ad accettare la disfatta”.
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Il nodo è il concetto della “escalation per una de-escalation” perché Putin non conosce a priori la reazione degli ucraini, dei suoi alleati e degli stessi soldati russi: “Quali sarebbero le ripercussioni politiche e sociali nel Paese? E cosa farebbe la comunità internazionale? L’utilizzo delle armi nucleari è generalmente considerato inaccettabile, una minaccia esistenziale. Chi garantirebbe a Putin, dopo un attacco del genere su Kyiv o su Kharkiv, di non trovarsi davanti una coalizione di tutte le potenze nucleari, dagli Usa alla Cina passando per Francia, Gran Bretagna, India, Pakistan e Israele, decisa a fermare la potenza nucleare impazzita?”. In pratica la teoria della “escalation per la de-escalation” si fonda sulla sola psicologia e sull’errore del Cremlino di “poter usare l’atomica facilmente”.
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Un calcolo rischioso secondo Pavel Luzin perché la catena di comando per l’utilizzo di un’arma nucleare tattica è lunga: “Quanto? Parecchio. Putin, il ministro della Difesa Shoygu, il capo delle forze armate Gerasimov, i vertici del 12° direttorato, i responsabili dello stoccaggio della testata, gli ufficiali che devono predisporla per l’uso, fino al capo del reparto che deve far fuoco. E in ogni momento è possibile un sabotaggio. (…). Il punto debole è la mancanza di fiducia tra potere politico e forze armate e tra le gerarchie militari. E poi nelle forze armate il morale è a terra. Pensare di implementare un’offensiva nucleare è davvero poco realistico. Ma al Cremlino si ritiene che si possa fare”.
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Lo studioso chiude con una triste considerazione sulla società russa, da sempre culla di grande cultura: “È in atto un imbarbarimento. La gente vuole sentire questa propaganda, ha bisogno di credere a qualche favola, per esorcizzare la paura e la demoralizzazione striscianti. C’è un degrado dell’istruzione, della cultura e della civiltà. (…). Se anche la guerra decretasse la fine dell’attuale leadership politica, imbarbarimento e frammentazione continueranno a prevalere a lungo”.