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Papa Francesco vuole far finire la guerra volando a Kiev. L'attacco a Putin e il terrore della provocazione alla Russia

Gaetano Mineo
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La guerra, «anche stavolta» in Ucraina, «si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi». Pure da Malta, ieri, Papa Francesco si è schierato contro l'offensiva russa. Una visita di due giorni nell'isola del Mediterraneo che segna il 36° viaggio internazionale del pontefice argentino. Un'altra occasione per puntare il dito contro quel potente «tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti», riferimento chiaro, ancorché implicito, all'inquilino del Cremlino. Il nazionalismo putiniano, dunque, come una delle cause della guerra: riedizione di quell'«infantilismo» che Giorgio La Pira denunciava nel 1960, e che Francesco ha voluto citare nel suo discorso ufficiale, dinanzi alle autorità civili e ai diplomatici presenti sull'isola mediterranea- come lezione ancora attuale, ora che il mondo rischia «una "guerra fredda allargata" che può soffocare la vita di interi popoli e generazioni!».

 

 

La posizione di Bergoglio sulla guerra, del resto, sin dall'inizio si muove su un binario «democristiano». Da una parte, il Papa e i suoi collaboratori denunciano con forza l'atrocità della guerra, e non hanno dubbi che sia Vladimir Putin ad aver aggredito senza fondamento un paese che combatte giustamente per la propria autonomia. Dall'altra, però, non vogliono chiudere la porta alla Russia, pronti a offrire un contributo alla mediazione diplomatica, e comunque intenzionati a fare appello alle coscienze, prima di tutto del Patriarca russo Kirill, affinché faccia pressione sul presidente russo. Ecco perché finora Bergoglio tentenna ad andare in Ucraina, missione tornata in queste ore con prepotenza nel corso della due giorni maltese. D'altronde, il Papa ha già ufficializzato di aver preso in considerazione l'invito, rivoltogli dal sindaco di Kiev, Vitalij Klycko, ma anche dal presidente ucraino Vlodomir Zelensky e dall'arcivescovo greco-cattolico Sviatoslav Shevchuck. Ma è chiaro, come hanno spiegato diversi suoi collaboratori, che Francesco compirebbe questo viaggio solo se potesse contribuire a porre fine, in modo duraturo, alla guerra. Non se non incidesse, o, peggio, venisse percepito come una provocazione dalla Russia. In sostanza, il viaggio in Ucraina «è sul tavolo», ma non c'è una decisione.

 

 

Dall'Oriente, «dove sorge prima la luce», ha detto il pontefice «sono giunte le tenebre della guerra». Francesco ha poi ribadito la condanna di quei paesi della Nato, come l'Italia, che hanno fissato un aumento delle spese militari: «Gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione» ha puntellato nel palazzo presidenziale della Valletta. Infine, così come a Lampedusa e Lesbo, anche a Malta Bergoglio ha rimarcato la sua attenzione su quello che ritiene una sfida epocale, politica ma anche spirituale, ossia l'accoglienza dei migranti, che sull'isola del Mediterraneo approdano per entrare in Europa dall'Africa e dal Medio Oriente.

 

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