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Repressione comunista su Hong Kong e l'Italia resta in silenzio

Franco Bechis
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Donald Trump? Uno “senza vergogna” (Marco Furfaro, Pd). Pericoloso, e nella migliore delle ipotesi un giullare. Jair Bolsonaro un dittatore pazzo, e non importa che l'abbiano votato democraticamente i brasiliani. Juan Guaidò una sorta di golpista che ha cercato di attentare a quel modello di prosperità condivisa che è il Venezuela di Nicolas Maduro. Il presidente ungherese Viktor Orban guida “un regime autoritario che non può fare parte della Ue” (Andrea Orlando, vicesegretario del Pd). Non badano a diplomazia nei loro giudizi i padroni del governo italiano.

Il partito democratico vede in ogni leader internazionale non progressista il fantasma di Matteo Salvini e si lascia andare ben oltre il consentito per chi ha in mano le leve del governo. Ma anche il M5s non scherza. In tv e sui social sono tutti piuttosto loquaci. Però basta fare un solo nome, quello di Xi Jinping, il dittatore della Cina e all'improvviso la lingua si attorciglia, la voce si perde, la testa si gira dall'altra parte. Così è il silenzio quasi assoluto del governo italiano ad accompagnare la repressione violenta in atto ad Hong Kong dopo l'entrata in vigore dal primo luglio della nuova legge sulla sicurezza nazionale cinese, grazie a cui si punta a soffocare ogni voce critica sulle autorità locale procedendo ad arresti di massa e a processi effettuati sotto il regime della Cina continentale. In poche ore...

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