L'inflazione si attenua, ma Lagarde non ci crede e continua con la stretta
Sì, nel 2024 l’inflazione scenderà al 2,6%. E sì, alla fine di quest’anno il costo della vita nella zona euro raggiungerà quota 5,6%, contro gli oltre 7 punti percentuali attuali. Peccato che tutto questo non basti a convincere la Banca centrale europea a tirare il freno d’emergenza, prima che imprese, famiglie e, magari, le stesse banche (il caso Svb negli Usa insegna), esplodano. Due giorni fa Francoforte non solo ha portato il costo del denaro a ridosso del 4%, al 3,75% per la precisione. Ma ha chiaramente fatto intendere che quello di maggio non è l’ultimo rialzo. Se ne parlerà, insomma, almeno fino alla fine dell’estate, quando la rata del mutuo per molte famiglie sarà diventata insostenibile. Qualcuno però dovrebbe ricordare a Christine Lagarde che le aspettative per l’inflazione si stanno attenuando. Almeno secondo il grosso degli economisti privati europei. Tradotto in numeri, per l’insieme di quest’anno, ora in media gli esperti prevedono un carovita al 5,6%, che dovrebbe rallentare al 2,6% nel 2024. Secondo l’ultima rilevazione della Bce, l’attesa sul 2025 si è invece rafforzata di un decimale di punto al 2,2%.
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L’indagine (Survey of professional forecasters) non rappresenta le previsioni della stessa Bce, ma una media delle attese di esperti del settore privato monitorate dalla stessa istituzione. Tanto basterebbe a mettere la pulce nell’orecchio di Lagarde. Non è finita. Sempre secondo il medesimo pool di economisti, si sono intanto rafforzate le aspettative di crescita per quest’anno allo 0,6%, dal precedente 0,2%, mentre si sono attenuate all’1,2% quelle sul 2024 e all’1,6% quelle sul 2025. Per la disoccupazione le aspettative si sono invece attenuate al 6,8% quest’anno e il prossimo e al 6,6% sul 2025.
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Ora, in assenza di una frenata, si rischiano danni collaterali all’economia, di quelli pesanti. Ne è convinto il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, che dalle colonne del Corriere della sera fa ben intendere l’antifona: «la trasmissione» della stretta monetaria che la Bce sta continuando ad operare la vedremo nei prossimi mesi ed è importante il recente dossier del Centro Studi di Confindustria: evidenzia che i default delle aziende si sviluppano non tanto immediatamente quando vengono alzati i tassi, ma dopo qualche mese, quindi sono molto preoccupato». E sarebbe meglio allacciare le cinture: «i fallimenti delle aziende portano poi il deterioramento dei crediti bancari, una crescita di Npl che abbiamo visto già nei due mesi passati. Di qui il bisogno di ulteriori accantonamenti di utili a riserva patrimoniale».
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