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Pensioni, con il nuovo Opzione Donna crollano le uscite dal lavoro

Filippo Caleri - Gianluca Zapponini
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Donne lavoratrici poco amate dallo Stato. La restrizione dei requisiti per ottenere «Opzione donna», con la quale si usciva dal circuito produttivo con almeno 35 anni di contribuzione e un’età pari o superiore a 58 anni se dipendenti e a 59 anni se autonome, ha tagliato, le ali a molte occupate che avrebbero potuto sfruttare l’opportunità. A certificarlo è stato ieri l’Osservatorio flussi di pensionamento Inps che ha spiegato come «i requisiti molto più stringenti per Opzione donna (oltre ai requisiti anagrafici e contributivi, essere caregiver, avere invalidità non inferiore al 74% o licenziate o dipendenti da aziende in crisi)», hanno condotto, nel primo trimestre 2023, «il numero delle pensioni liquidate con tale istituto in netto calo, attestandosi a 151 pensioni contro le 4.185 dell’anno 2022». Un crollo drastico al quale, secondo le indiscrezioni, si potrebbe porre rimedio già nel prossimo consiglio dei ministri, quello del primo maggio, nel corso del quale dovrebbe arrivare un nuovo allargamento dei criteri per accedere all’uscita anticipata.

 

 

Le ipotesi di studio sono state già inviate dai tecnici del ministero del Lavoro, con i costi relativi a ogni soluzione prospettata, al ministero dell’Economia, che sta vagliando le possibili coperture finanziarie. La disparità di genere nella previdenza è stata messa nero su bianco dall’Inps anche sul totale delle pensioni erogate. Nei primi tre mesi del 2023 sono state liquidate 174.610 pensioni complessive con decorrenza nel trimestre con un importo medio di 1.111 euro al mese. E fin qui tutto bene. Ma poi vengono i dolori. Se per gli uomini l’importo medio è stato pari a 1.357 euro per le donne è stato di 904 euro, pari al 33,38% in meno. Non è tutto. Per le donne sono molto meno presenti le pensioni anticipate, quelle mediamente più alte, con 17.111 assegni a fronte di 34.472 per i maschi. Inoltre le pensioni anticipate per gli uomini valgono in media 2.043 euro al mese e per le donne 1.527 euro. Insomma, almeno sul fronte delle pensioni, il cosiddetto gender gap c’è e si sente.

 

 

Nella medesima giornata da Via Ciro il Grande hanno fatto anche il punto sul mercato del lavoro. Le assunzioni attivate dai datori privati nel mese di gennaio 2023 sono state 663.000 (-3% su gennaio 2022) mentre le cessazioni sono state 494 mila. Il saldo è positivo, ma il trend è negativo. La flessione delle assunzioni ha interessato più nel dettaglio contratti di somministrazione (-16%), contratti in apprendistato e a tempo determinato (-3%), contratti a tempo indeterminato (-2%). Crescono le assunzioni intermittenti (+14%) e quelle stagionali (+12%). Per quanto riguarda le cessazioni, calano quelle di contratti a tempo indeterminato (-13%), di contratti in apprendistato (-6%), di contratti in somministrazione (-3%) e di contratti stagionali (-2%). In lieve aumento invece le cessazioni di contratti intermittenti (+2%) e di contratti a tempo determinato (+1%). Infine, le trasformazioni da tempo determinato nel primo mese del 2023 sono state 98 mila, in aumento rispetto allo stesso periodo del 2022 (+7%).

 

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