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L'allarme del presidente di Confindustria: "Rialzo dei tassi preoccupante"

Luigi Frasca
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Dopo un anno pessimo sul fronte dei costi, con il sistema produttivo italiano e le imprese che nonostante tutto hanno retto il colpo, ci aspetta una «crescita modesta» del Pil a +0,4% per il 2023. Confindustria nel suo nuovo rapporto di previsione mette a punto le stime primaverili dell’economia del Paese, puntando l’attenzione sulla «preoccupazione» per il rialzo dei tassi deciso dalla Bce come risposta all’inflazione. Gli industriali, nel rapporto «L’economia italiana tra rialzo dei tassi e inflazione alta», disegnano un quadro che per il 2023 prevede una «crescita piatta» con una stima del Pil a +0,4%. In evidenza viene messo il rallentamento rispetto al 2022, ma comunque in miglioramento rispetto all’ipotesi di pochi mesi fa (quando era nulla). E per il 2024 torna un po' di spinta, con una crescita a +1,2%, grazie al rientro dell’inflazione, alla politica monetaria meno restrittiva e alla schiarita nel contesto internazionale. Si tratta di «un profilo di crescita moderato, ma superiore di poco alla media pre-crisi grazie ai primi effetti positivi di investimenti e riforme del Pnrr». Il ministro delle Imprese e del made in Italy ha osservato: «Sono stati smentiti i profeti di sventura che ritenevano che con il nuovo governo l’Italia avrebbe rischiato molto» sul fronte dell’economia, dalla tenuta dello spread all’andamento della Borsa, fino alla resilienza delle imprese, «il sistema produttivo dell’Italia è forte, meglio di altri Paesi europei».

Di fronte a questa dinamica di inflazione «vediamo politiche della Bce che ci preoccupano. Quello che sta facendo la Bce sta andando oltre il giusto contrasto all’inflazione», ha osservato il presidente di Confindustria Carlo Bonomi parlando dalla prima Conferenza nazionale delle Camere di commercio. Gli effetti del rialzo dei tassi della Banca centrale europea, avviato a metà del 2022, si avrà con uno scarto temporale di circa un anno: «Il freno alla crescita - si legge nel rapporto di Confindustria - morderà sul Pil italiano soprattutto nella seconda metà di quest’anno». Quindi da un lato porta a un «peggioramento della situazione finanziaria delle aziende, perché (a parità di indebitamento) accresce il peso degli oneri finanziari e scoraggia i progetti di nuovi investimenti», dall’altro impatta «sulle famiglie e sugli interessi sui mutui variabili». In sostanza, l’aumento dei tassi di riferimento «si riverbera, gradualmente, sul canale del credito: che diventa più caro e meno accessibile». La stretta monetaria «frenerà gli investimenti delle imprese e i consumi delle famiglie». E anche per lo Stato «tassi più alti e debito pubblico in aumento (fino al 147,9% del Pil nel 2024), restringono gli spazi di manovra sul 2024, anche perché torneranno i vincoli del Patto di stabilità e crescita». Una linea di maggior «cautela» della Bce, anche sugli «annunci», è auspicata da Urso, che si augura «più gradualità negli interventi, per gli impatti che hanno sul sistema produttivo».

 

 

 

 

Oggi lo Stato «è ora che torni in campo, come ci hanno dimostrato gli Stati Uniti - ha concluso Urso facendo riferimento alla legge anti-inflazione Usa - il confronto con le imprese e con i sindacati credo debba intensificarsi per mantenere la coesione sociale. Se manteniamo un confronto sereno con tutti gli attori riusciremo, nell’arco di qualche mese, a portare a termine il perimetro legislativo per una seria politica industriale del Paese».
 

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