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Mercati finanziari, Credit Suisse affonda le Borse

Filippo Caleri
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Trema ancora la finanza internazionale. Dopo il caso della statunitense Silicon Valley Bank ancora caldo, che ha mandato al tappeto per un giorno le borse internazionali, ieri si è abbattuta una seconda tegola che ha messo a dura prova i nervi dei risparmiatori e degli investitori. La banca svizzera Credit Suisse è crollata di oltre 20 punti percentuali dopo la notizia che il principale azionista, la Saudi National Bank, ha escluso eventuali interventi in caso fosse necessaria nuova liquidità. I listini sono andati nel panico e complessivamente hanno perso 365 miliardi di cui 27 solo a Milano. La paura è grande. In molti temono che si ripeta il dramma del 2008 quando il buco dei mutui subprime provocò il crollo della Lehman Brothers e fece tremare il sistema finanziario mondiale. Milano ha perso il 4,16% con le vendite che hanno colpito duramente i titoli del comparto bancario: Unicredit ha perso il 9,06%, Intesa Sanpaolo ha chiuso a -6,85%, Bper -7,23%, Banco Bpm -7,13%. Tra gli altri finanziari, Generali è arretrata del 5,86%. La Banca nazionale saudita è diventata il principale azionista del Credit Suisse a novembre, con un aumento di capitale lanciato per finanziare un’importante ristrutturazione della banca. Alla domanda di Bloomberg TV se l’establishment saudita potesse investire di più, il suo presidente, Ammar al-Khudairy, ha chiaramente escluso questa opzione. «La risposta è assolutamente no», ha detto, «per diversi motivi oltre a quelli più semplici, che sono normativi e statutari», ha spiegato. Da parte sua, il presidente del Credit Suisse, Axel Lehmann, ha affermato che l’istituto non ha bisogno di aiuti governativi. «Non è un problema», ha sottolineato in una conferenza per il settore bancario in Arabia Saudita. «Abbiamo rapporti finanziari solidi, un bilancio solido», ha insistito, assicurando che l’istituto ha già «la medicina» di cui ha bisogno. Quanto al capo della banca nazionale saudita, ha tenuto a precisare: «Attualmente deteniamo il 9,8% della banca. Se superiamo il 10%, entrano in vigore una serie di nuove regole» e «non siamo propensi a entrare in una nuova normativa».

Secondo il diritto svizzero la Finma, l’autorità di vigilanza del mercato, deve decidere se l’azionista di una grande banca supera la soglia del 10%. La legge svizzera prevede che «le persone fisiche o giuridiche che detengono in una banca, direttamente o indirettamente, almeno il 10 per cento del capitale o dei diritti di voto» devono dare «la garanzia che la loro influenza non sia suscettibile di essere esercitata a scapito di prudente e sana gestione della banca». Il superamento di questa soglia nella seconda banca svizzera potrebbe suscitare scalpore nel Paese alpino, dal momento che gli azionisti hanno già visto la diluizione della loro partecipazione durante l’aumento di capitale e continuano a veder crollare il valore del collocamento. Ieri il titolo ha perso fino al 23,6% raggiungendo un nuovo minimo storico a 1,707 franchi svizzeri. Il titolo ha perso oltre l’83% del suo valore dal fallimento della società finanziaria britannica Greensill, che ha segnato l’inizio di una serie di scandali che hanno indebolito la banca. Alcuni azionisti hanno finito per gettare la spugna, come la società d’investimento americana Harris Associates, da tempo suo maggiore azionista, che ha rivelato, la scorsa settimana, di aver completamente venduto la sua partecipazione nella banca. All’inizio di febbraio, Credit Suisse ha annunciato una perdita netta di 7,3 miliardi di franchi svizzeri (quasi 7,4 miliardi di euro) per l’anno finanziario 2022 sullo sfondo di massicci prelievi di fondi dai suoi clienti e ha avvertito di aspettarsi ancora una perdita ante imposte «sostanziale» nel 2023. Da allora la banca ha continuato ad accumulare battute d’arresto. Ieri il titolo era già scosso in Borsa quando la banca ha ammesso «sostanziali debolezze» riguardo ai suoi controlli interni per i suoi rendiconti finanziari. Una situazione che complica il compito della Bce, in vista della riunione di politica monetaria di domani, che deve parare un altro colpo dopo il collasso delle americane Silicon Valley Bank, Signature Bank e Silver Bank. Così gli analisti si dividono tra coloro che continuano a credere nel rialzo annunciato da 50 punti base e coloro che invece ritengono, alla luce degli scossoni degli ultimi giorni, che l’Eurotower si limiterà a 25 punti base. Nel frattempo la Bce ha chiesto alle banche europee di comunicare la loro esposizione nei confronti di Credit Suisse mentre il Tesoro Usa monitora la situazione in contatto con le controparti globali. Insomma dopo il Covid e la guerra potrebbe palesarsi un altro cigno nero. Come sempre nei primi mesi dell’anno.
 

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