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Governo al lavoro per salvare quasi centomila dipendenti: 73 i tavoli di crisi aperti

Dario Martini
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Novantacinquemila posti di lavoro da salvare. Una sfida impegnativa quella portata avanti dal ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso. Sono 73 i tavoli di crisi aperti con vertenze che fanno capo alla Struttura di crisi d’impresa. Quelli «attivi» sono 42, con prevalenza nel settore metalmeccanico (25) e chimico (10). I «monitoraggi», invece, sono 31. Vi rientrano aziende non in crisi, ma che fanno parte di settori in crisi, con prevalenza nel settore metalmeccanico (15), tessile (5) e alimentare (5). I tavoli già convocati dall’inizio dell’anno sono quelli che riguardano le seguenti aziende: la napoletana Dema attiva nel settore aerospaziale, la Treofan di Terni del gruppo indiano Jindan, Acciaierie d’Italia (l’ex Ilva di Taranto), la multinazionale dell’elettronica Jabil con sede a Caserta, Wartsila di Trieste, la veneziana Speedline che opera nell’automotive, Ansaldo Energia di Genova, Softlab, QF di Campi Bisenzio a Firenze (ex Gkn) e Industria Italiana Autobus.

 

 

Per affrontare le crisi industriali, e gestirle al meglio, nei giorni scorsi il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha creato un gruppo di esperti ad hoc attraverso due bandi pubblici. In realtà, non è del tutto una novità. Gli incarichi che erano stati conferiti durante il governo Draghi sono scaduti il 30 novembre. Adesso, dieci esperti daranno il loro supporto alla gestione dei tavoli di crisi, mentre altri dieci dovranno contribuire a definire nuove proposte di politica industriale. L’incarico è biennale e il compenso è di cinquantamila euro lordi all’anno. Per aziende particolarmente rilevanti, come l’ex Ilva (circa tremila lavoratori in cassa integrazione e 1.700 in cigs), è diventato legge una settimana fa il decreto sulle imprese considerate di interesse strategico nazionale. Un provvedimento che secondo il ministro Urso «consente anche di ripristinare le condizioni per sviluppare la siderurgia italiana», una «tappa importante della nuova politica industriale». Mentre per quanto riguarda Ansaldo Energia pochi giorni fa è stato nominato il nuovo amministratore delegato, Fabrizio Fabbri, che entrerà in carica dal primo aprile, ed è stata confermata la volontà dell’azionista di investire e procedere con l’aumento di capitale.

 

 

Particolarmente "calda" è la situazione che riguarda la Jabil, per cui il Ministero a fine febbraio è riuscito ad ottenere la sospensione per tre mesi dei 190 licenziamenti previsti su 430 lavoratori. La sottosegretaria Fausta Bergamotto ha sottolineato che questa proroga dovrà servire «ad intercettare delle opportunità condivise con l’azienda per evitare i licenziamenti e salvaguardare il sito di Marcianise». Nel settore elettrodomestico, invece, spicca l’annosa vertenza dell’ex Whirlpool. Nell’ambito dell’operazione di cessione delle attività europee alla multinazionale turca Arçelik, che comporterà la nascita di una nuova società nel mercato «Emea», la Fim Fiom e la Uilm di Fabriano, continuano ad esprimere forte «preoccupazione in merito all’operazione di cessione delle attività per il futuro dei siti sul territorio marchigiano, che nel comprensorio del Fabrianese occupa direttamente circa 1.100 addetti più indotto e altri 340 dello stabilimento di Comunanza». «Sarà fondamentale e vitale - aggiungono i rappresentanti sindacali - l’intervento del governo per la garanzia industriale e occupazionale di un territorio già devastato da grandi crisi del settore elettrodomestico, che ancora a tutt’oggi non ha avuto la capacità di rilanciarsi.

 

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