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L'inflazione rallenta fino al 10%. Ma il pericolo è il caro tassi

Leonardo Ventura
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Frena la corsa dei prezzi. A gennaio 2023 l’inflazione torna al 10%. Sempre pesante perché a due cifre ma comunque in calo rispetto all’11,6% registrato a dicembre. Un risultato legato al fatto che, nel mese, sono cresciuti solamente dello 0,1%. La discesa è dovuta all’andamento delle componenti più volatili dell’indice dei prezzi al consumo, in particolare al netto calo dei prezzi dell’energia (-12% annuo). Importante il calo anche del cosiddetto «carrello della spesa», che comprende i beni alimentari e quelli per la cura della casa e della persona, che passa da +12,6% all’attuale +12%. Crescono invece ancora i prezzi degli alimentari lavorati e dei servizi relativi all’abitazione. L’inflazione acquisita per il 2023 è invece al 5,2% per l’indice generale, e al +3,2% per la componente di fondo.

 

 

Per le associazioni dei consumatori, si tratta però di dati prendere con le molle. Il Codacons parla di «illusione ottica» dovuta al calo del prezzo dei beni energetici, aggiungendo come la strada per riportare i listini alla normalità sia «purtroppo ancora lunga». Sul lato delle imprese e dei produttori, Confesercenti sottolinea invece, rispetto al futuro dei prezzi, i suoi timori per la possibile «linea dura della Bce» in merito a ulteriori rialzi dei tassi, che potrebbe «spiazzare di nuovo la spesa delle famiglie». L’associazione si aspetta in ogni caso «una decisa riduzione dell’inflazione» quest’anno, anche se per tornare all’obiettivo europeo del 2% bisognerà aspettare «almeno il 2025».

 

 

Coldiretti da parte sua rimarca infine come l’inflazione sia calata anche grazie al calo dei prezzi di verdure fresche e frutta, legata alla situazione di difficoltà delle aziende del settore, «alle prese con compensi in calo e con i problemi causati alle produzioni dalla siccità e dagli sbalzi termici estremi legati ai cambiamenti climatici».

 

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