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Confindustria, il quadro sull'economia è da incubo. La crisi energetica è un terremoto

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Aumentano i rischi di stagnazione in questa fine anno: l’industria è in calo, le costruzioni hanno smesso di trainare, tengono solo i servizi. Con l’inflazione persistente e su picchi storici i consumi rallenteranno anche se finora sono stati sostenuti dall’extra-risparmio accumulato; i rialzi dei tassi scoraggiano gli investimenti e zavorrano i bilanci delle imprese. Indicatori al ribasso anche riguardo la domanda; il turismo, esaurito il rimbalzo, potrebbe spingere meno in inverno, come già le costruzioni in estate. Anche l’export rimane altalenante: nell’area euro le tendenze sono analoghe a quelle italiane. Negli Usa, invece, sono state tagliate le previsioni di crescita del 2023 passate dal +1,2% al +0,5%. È questo il quadro previsionale economico del momento fotografato dal rapporto del Centro Studi di Confindustria.

 

 

Frenata attesa, dunque, per fine anno. Il prezzo del gas è tornato a salire in dicembre, (137 euro/mwh in media, da 96 a novembre), e il caro-energia accresce i costi ormai da 12 mesi, mitigato, solo in parte, dagli interventi del Governo. E le difficili trattative Ue su un price cap, proposto a un livello ancora più alto, «non aiutano», dicono ancora gli economisti di viale dell’Astronomia. Il petrolio invece ha registrato una flessione marcata a dicembre, a 81 dollari al barile (da 91), sulla scia di un mercato mondiale ben rifornito. A complicare il quadro il balzo dei tassi e l’impennata in ottobre del costo del credito per le imprese italiane: 3,14% per le Pmi da 1,74% a inizio 2022, 2,19% per le grandi da 0,76%. «Un aggravio che inciderà negativamente sugli investimenti», si legge ancora nel Report del Csc. 

 

 

Il Btp, che era in flessione da metà ottobre (3,49% a dicembre, da un picco di 4,69%), è risalito a 4,06% a seguito del rialzo dei tassi deciso dalla Bce il 15 dicembre (a 2,50%). L’industria dunque «accusa il colpo»: la produzione ha subìto un secondo marcato calo in ottobre (-1,0%, dopo il -1,7% a settembre). Hanno tenuto solo i beni strumentali, mentre hanno ceduto gli altri settori. Il 4° trimestre si apre, quindi, con una variazione acquisita molto negativa (-1,5%), più pesante di quella del 3° (-0,5%). Inoltre, il Pmi a novembre, pur recuperando, è rimasto in area di contrazione (48,4 da 46,5) e la fiducia delle imprese è risalita «ma è ancora compressa». Anche le costruzioni sono in calo per il Csc. La flessione nel 3° trimestre è stata forte: -1,3% gli investimenti, -2,2% la produzione nonostante il settore venisse da 6 trimestri di forte espansione. Tengono invece i servizi: il recupero estivo del turismo e della spesa per servizi (+3,1%) è stato cruciale per il settore, unico in crescita nel 3° trimestre (+0,9%). Per il 4°, i segnali sono in miglioramento e la fiducia tra le imprese ha recuperato un po’ di terreno considerato che i volumi di veicoli sulle autostrade sono poco sotto i valori del 2019 (-0,2%).

 

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