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Governo Meloni dura in Italia, i mercati promuovono Giorgia: "Fedele alla Ue"

Filippo Caleri
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Altro che mostro o rovina finanze pubbliche. Il premier Meloni non dispiace affatto ai fondi e alle società basate a Londra che, nonostante la Brexit, continua a restare la base privilegiata per gli investitori internazionali. A qualche settimana dall'insediamento del nuovo governo, nelle call che settimanalmente le banche d'affari tengono con gli analisti per valutare il rischio Paese (il voto assegnato al debito pubblico che indirizza gli acquisti) il giudizio è sempre più positivo.

A convincere istituti del calibro di Goldman Sachs, sulla bontà dell'azione del nuovo esecutivo, la scelta netta su due pilastri reputati fondamentali per dare fiducia all'Italia: la scelta atlantista e la volontà di continuare a mantenere la finanza pubblica in un sentiero stretto tra le esigenze di sostenere imprese e famiglie e quello di non aumentare a dismisura il debito. I timori che Meloni e la sua maggioranza deviassero dal rispetto di questi due principi era elevato. E motivato dalle palesi discordanze che, in campagna elettorale, si erano registrate tra le diverse componenti della coalizione. Dubbi subito fugati dalle prime dichiarazioni del premier che ha rinnovato, senza se e senza ma, la fedeltà all'Alleanza atlantica e il rispetto della sostenibilità del bilancio pubblico. Tanto è bastato a rasserenare i team che seguono gli investimenti nel nostro Paese. «Soddisfatte queste due condizioni - confida a Il Tempo un trader operativo a Londra - i mercati non prendono nemmeno in considerazione gli atti di politica interna avviati da Giorgia Meloni».

Tradotto: del limite al contante e del decreto contro i rave party, primi provvedimenti di politica interna, gli analisti finanziari non si sono assolutamente curati. Non essendo considerati lesivi dell'obiettivo principale delle società finanziarie che è fare utili e soprattutto non perdere denaro. Insomma dal fronte dei mercati usati in campagna elettorale come spot dalla sinistra, non arrivano segnali di guerra. Al contrario, l'aver ribadito l'essere allineati non solo alla Nato ma anche a Bruxelles, seppure con i distinguo sulla necessità di tutelare maggiormente gli interessi nazionali, ha convinto la City londinese. Che potrebbe vedere il prossimo anno il premier italiano entrare nelle stanze del potere finanziario per illustrare obiettivi e strategie di politica economica.

La visita, che prima delle elezioni era stata ipotizzata, in caso di vittoria, qualche giorno dopo la chiusura delle urne, potrebbe cadere in coincidenza dell'incoronazione di Carlo d'Inghilterra, il prossimo maggio. Un'occasione ufficiale per la quale Meloni potrebbe anticipare l'arrivo a Londra per incontrare la potente comunità finanziaria. Solo ipotesi che circolano nelle principali banche e istituzioni che hanno sede nella capitale inglese, ma che testimoniano comunque la curiosità e interesse degli addetti a lavori per la «Giorgianomics».

Sconfessati i gufi e i profeti di sventura che ancora oggi albergano nella sinistra italiana il capo del governo italiano ha convinto tutti con le sue scelte di campo. Un percorso di coerenza per la fedeltà ai valori occidentali che è passato anche per una scelta fortemente simbolica, compiuta da Meloni la scorsa primavera, quando chiese l'adesione in qualità di socio all'Aspen Institute, uno dei più prestigiosi laboratori di pensiero statunitense, ma anche luogo di incontro dei cosiddetti poteri forti. Una card che l'ha pienamente legittimata in Europa e sulle scena internazionale come leader dei conservatori. E che il mondo della finanza ha apprezzato. 

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