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Imu, scatta la doppia esenzione per i coniugi con residenze differenti

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Benedetto Antonelli
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L'Imu sulla prima casa non dipende dal nucleo familiare. Quello della Corte costituzionale è un vero e proprio ribaltone, che ridà la doppia esenzione ai coniugi che vivono in immobili che si trovano in due città diverse. Spetterà ai controlli comunali, e non a norme anticostituzionali, controllare che la separazione geografica della famiglia sia reale e che i coniugi risiedano effettivamente in due case separate. Il ragionamento della Consulta è semplice.

Marito e moglie che risiedono in due Comuni diversi, ad esempio per ragioni di lavoro, e che in genere magari si riuniscono sotto lo stesso tetto solo nel fine settimana, o quando hanno giorni liberi, hanno diritto all'esenzione dall'Imu per entrambi gli immobili. A patto, ovviamente, che rispettino davvero il doppio requisito della residenza e della dimora abituale che permette di non pagare l'imposta. «Nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile», si legge legge nella sentenza n. 209 depositata ieri (relatore Luca Antonini,) con cui la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 13 del decreto-legge n. 201/2011 laddove parlando di «nucleo familiare» finisce per penalizzarlo. L'illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l'esenzione ad uno solo degli immobili che si trovano nel medesimo comune e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse. Quest' ultima norma, ha precisato la Corte, è stata introdotta dal legislatore per reagire all'orientamento della giurisprudenza di legittimità: la Cassazione è infatti giunta «a negare ogni esenzione sull'abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune diverso da quello del possessore dell'immobile».

La Consulta ha chiarito che questo orientamento è dipeso dal riferimento al nucleo familiare così come emerge dalla norma su cui la Corte si è autorimessa la questione di legittimità; ha poi precisato che questo orientamento è superato, perché in «un contesto come quello attuale», «caratterizzato dall'aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall'evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l'ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell'ambito di una comunione materiale e spirituale».

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