Gli stipendi in Italia scendono invece di salire. È l'unico paese Ue dove si guadagna meno di 30 anni fa
Con il nuovo balzo dell'inflazione, che ha raggiunto l'8%, si fa sempre più pressante l'esigenza di adeguare l'importo degli stipendi. Il divario tra le nostre buste paga e quelle degli altri paesi europei è larghissimo. Non solo. Rispetto a trent'anni fa l'Italia è l'unico membro dell'Ocse in cui i salari sono diminuiti. In tutti gli altri sono aumentati. È impressionante vedere come tra il 1990 e il 2020 lo stipendio medio sia calato tanto da arrivare al -2,90%. Al secondo posto di questa speciale classifica in negativo troviamo la Spagna, che comunque si consola con un +6,20%. Molto in meglio nelle altre grandi economie. La Francia ha registrato un +31,10%, la Germania un +33,70. Non c'è da stupirsi che l'incremento maggiore si sia verificato nei paesi dell'est che prima facevano parte del blocco sovietico. L'ingresso nell'economia di mercato occidentale spiega il +200% della Lettonia, il +237 dell'Estonia e il +276 della Lituania. Ad essere impietoso è il confronto con le principali economia dell'Eurozona.
Impennata dell'inflazione: vola a livelli mai visti. Prezzi alle stelle, italiani sofferenti
Una recente analisi della Fondazione Di Vittorio condotta sugli ultimi dati Eurostat disponibili evidenzia il netto divario che c'è tra l'Italia da una parte e il resto dell'Europa dall'altra. La ricerca prende in esame il salario lordo annuale medio per un lavoratore dipendente nelle quattro principali economie europee. In Italia nel 2019 era pari a 29.623 euro. Nel 2020, complice il Covid, era sceso a 27.868, per poi risalire a 29.440 nel 2021 senza però riuscire a raggiungere il livello pre-pandemico. In Spagna è più basso: 27.587 euro nel 2019, 27.404 l'anno scorso. Mentre in Francia è molto più alto: nel 2019 era pari 39.385 euro e lo scorso anno è addirittura salito a 40.170. Stessa cosa in Germania: 43.485 tre anni fa, 44.468 nel 2021. Da notare che il salario medio nell'Eurozona, con 37.382 euro, è ben al di sopra di quello italiano. Al momento il governo non ha ritenuto opportuno intervenire sulle buste paga degli italiani. Nonostante l'inflazione galoppante, si è limitato ad intervenire sui prezzi dell'energia con i bonus bollette per le fasce della popolazione meno abbienti e con il taglio delle accise su benzina e gasolio. I sindacati e Confindustria, invece, chiedono una misura più impattante: il taglio del cuneo fiscale, ovvero il rapporto tra le tasse pagate dal lavoratore e il costo totale del dipendente per il datore di lavoro.
Draghi sveglia! Pressing dei partiti per risolvere la crisi ed evitare l'autunno caldo
Il premier Mario Draghi due giorni fa ha detto che la prossima settimana inizierà a discuterne con le parti sociali. Ma ha anche aggiunto che la misura sarà inserita nella legge di bilancio, quindi se ne riparlerà a fine anno. L'altro ieri Fratelli d'Italia ha provato ad imprimere un'accelerazione, presentando un emendamento al dl Aiuti per un taglio del cuneo fiscale di 5 miliardi come primo ammontare, reperendo le risorse dalla capienza di cui dispone il reddito di cittadinanza. La proposta è stata bocciata da tutti i gruppi della maggioranza, «che hanno dimostrato la loro distanza dalle famiglie e dalle imprese», come sottolinea il capogruppo di FdI alla Camera Francesco Lollobrigida. Tagliare il cuneo in modo strutturale è molto costoso. Carlo Calenda stima che per una riduzione del 50% rivolta a tutti i lavoratori servono almeno 20 miliardi di euro. Il leader di Azione propone di trovarli grazie a una "digital tax" su ogni transazione digitale: «Lo sta facendo la Svizzera e dettaglieremo la proposta la prossima settimana».
"Ci fa perdere credibilità" Caracciolo fa a pezzi anche Draghi: la figura del premier