Arriva la stangatona Imu: a giugno conto di 10 miliardi. Ecco quanto si paga in ogni città
Uil: "Avremmo preferito che il governo sospendesse i tributi. Invece..."
Nessuna pietà dal governo. Con l'avvicinarsi della scadenza del 16 giugno è in programma il saldo della prima rata dell'Imu per un valore di circa 10 miliardi, che saliranno a 20,3 con il saldo di fine anno. Saranno chiamati ai versamenti oltre 25 milioni di proprietari di immobili diversi dall’abitazione principale (il 41% sono lavoratori dipendenti e pensionati).
È quanto emerge da un rapporto sull’Imu 2020 a cura del Servizio Lavoro, Coesione e Territorio. «Il costo medio complessivo dell’IMU su una "seconda casa", ubicata in un capoluogo di provincia - spiega Ivana Veronese, Segretaria Confederale UIL - sarà di 1.070 euro medi (535 euro da versare con la prima rata di giugno) con punte di oltre 2 mila euro nelle grandi città». «Prendendo in considerazione i costi IMU sulle prime case cosiddette di lusso (abitazioni signorili, ville e castelli) - continua - sempre ubicate in un capoluogo di provincia, il costo medio è di 2.610 euro (1.305 euro per l’acconto), con punte di oltre 6 mila euro nelle grandi città. Chi possiede una seconda pertinenza dell’abitazione principale della stessa categoria catastale (cantine, garage, posti auto, tettoie) dovrà versare l’IMU/TASI con l’aliquota delle seconde case, con un costo medio annuo di 56 euro (28 euro saldo), con punte di 110 euro annui».
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«La media dell’aliquota applicata per le seconde case, tra IMU e TASI - commenta Veronese - ammonta al 10,4 per mille e, in molti Comuni (480 municipi di cui 18 città capoluogo), è in vigore "la ex addizionale TASI", fino a un massimo dello 0,8 per mille, introdotta per finanziare negli scorsi anni le detrazioni per le abitazioni principali, così da portare in questi Comuni l’aliquota fino all’11,4 per mille".
Secondo i risultati del rapporto, il costo maggiore in valore assoluto per una seconda casa a disposizione si registra a Roma con 2.064 euro medi; a Milano, invece, si pagheranno 2.040 euro medi; a Bologna 2.038 euro; a Genova 1.775 euro; a Torino 1.745 euro. Valori più "contenuti", invece, ad Asti con un costo medio di 580 euro; a Gorizia con 582 euro; a Catanzaro con 659 euro; a Crotone con 672 euro; a Sondrio con 674 euro. Per una seconda pertinenza della stessa categoria catastale a Roma si pagheranno mediamente 110 euro annui; a Milano 99 euro annui; a Bologna 96 euro annui; a Firenze 95 euro annui; a Napoli 95 euro annui. In 18 città è in vigore la ex addizionale della TASI, per cui, in questi Comuni, le aliquote superano quella massima dell’IMU (10,6 per mille). In particolare a Roma, Milano, Ascoli, Brescia, Brindisi, Matera, Modena, Potenza, Rieti, Savona, Verona l’aliquota è all’11,4 per mille; a Macerata all’11,3 per mille; a Terni e Siena all’11,2 per mille; a Lecce, Massa e Venezia all’11 per mille; ad Agrigento al 10,9 per mille. Altre 72 città capoluogo, sempre sulle seconde case, applicano l’aliquota del 10,6 per mille tra cui Torino, Bologna, Firenze, Napoli, Palermo, Bari. In 12 città le aliquote sono sotto la soglia massima tra cui Cagliari, Como, Belluno, Gorizia.
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«Avremmo preferito che sull’IMU il Governo avesse proceduto con il rinvio del pagamento dell’imposta in virtù dell’emergenza sanitaria - commenta la sindacalista della Uil - ma al tempo stesso comprendiamo anche il fatto di non privare i Comuni di una liquidità importante per erogare servizi essenziali che, mai come in questo momento, sono fondamentali. Abbiamo condiviso nella scorsa Legge di Bilancio la semplificazione delle tasse comunali sugli immobili con l’eliminazione della TASI, ma crediamo sia giunto il momento, all’interno della riforma fiscale, di rimettere mano all’autonomia impositiva di Regioni, Province e Comuni. Contemporaneamente, sarebbe necessaria la riforma del catasto in grado di riportare equità nella tassazione sul mattone, annunciata più volte nel corso degli ultimi anni. Una riforma attesa da più di 30 anni, dato che l’ultima revisione degli estimi catastali è datata 1989. Bisognerebbe ripartire da una revisione dei valori catastali vecchi, iniqui e che non corrispondono al reale valore degli immobili, eliminando i paradossi attuali: case di pregio nei centri storici hanno rendite catastali basse, mentre altri immobili situati in periferia e costruiti più recentemente hanno rendite catastali alte. In ogni caso è necessario, comunque, prestare molta attenzione - conclude Veronese - perché questo processo di riforma non dovrà comportare maggiori prelievi, ma una diversa e più equa ripartizione del prelievo fiscale sugli immobili. Ovviamente sempre accompagnando questi percorsi ad una lotta "senza se e senza ma" all’evasione fiscale sulla tassazione immobiliare che ogni anno produce un minor gettito pari ad oltre 1 miliardo di euro».