Un'agonia da far finire
Che si odiassero era noto. Che non siano nemmeno in grado di far finta di sopportarsi è invece evidenza che sta plasticamente emergendo in queste ore. E lo spettacolo che ne consegue - quello di una maggioranza di governo che pasa le giornate a farsi la guerra come nemmeno ai tempi dell'Unione di Prodi - non è esattamente dei più rincuoranti. Tra Lega e Movimento cinque stelle (più il premier Conte) ormai l'unica regola è che ogni pretesto è buono per mettersi le dita negli occhi. E ogni significa ogni. Per dire, in mezzo alla maxi-rissa incrociata su Russiagate, manovra e restanti pezzi da novanta del notiziario politico, ieri è toccato assistere a scene lunari tipo il ministro leghista all'Agricoltura Gian Marco Centinaio che lamenta storture nell'accordo di libero scambio tra Ue e Mercosur solo per venire rimbrottato dai grillini - gente pure abituata a mettere mano alla fondina solo a sentir nominare il libero mercato - in nome della bontà dell'accordo. Oppure la sortita della ministra della Difesa in quota M5S Elisabetta Trenta, che a sera denuncia un niet del Viminale (di cui pure in commissione non paiono risultare tracce) al pagamento degli straordinari ai militari impegnati nell'operazione Strade sicure. Un'ecatombe. Che, questi i chiari di luna, rischia di ripetersi giorno dopo giorno in un'estenuante gara di boxe tra due alleati convinti che il solo scopo del gioco sia guadagnare consenso e che l'unico modo per farlo sia di mostrarsi continuamente più puro, più intransigente, più muscolare dell'altro. Una guerra nucleare sotto le cui macerie sono inevitabilmente destinati a restare i destini di governo e Paese. È stato giusto tentare di mettere insieme diavolo e acqua santa a maggior gloria della formazione dell'esecutivo? Senza dubbio. Lo è insistere ogni oltre ragionevolezza nel tentativo di far funzionare questa unione? Non può esserlo. Non resta che trarre le conseguenze, sancire la fine dell'esperienza gialloverde e tornare al voto. Se proprio devono passare le giornate a dirsene di ogni, lo facciano in campagna elettorale.