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Gianluca Di Gioia, la migliore amica: "Amava gli animali ma era molto prudente"

Giulia Sorrentino
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«Gianluca non si sarebbe mai spinto in una zona non balneabile. Amava gli animali, è vero, ma li temeva. Aveva paura persino dei gatti. Era troppo prudente per fare una cosa simile. Io non ci credo». Francesca era la migliore amica di Gianluca Di Gioia, il 48enne romano ucciso da uno squalo.

Chi era per te Gianluca?
«Non era solo un amico, ma un fratello, un alter ego. Lo conosco dai tempi dell’università, facevamo insieme le comparse in Rai, senza alcuna velleità artistica. Era solo un modo come un altro per renderci indipendenti dalle famiglie. Gianluca, poi, essendo una persona molto solare ed estroversa, lavorava anche nei villaggi vacanze, amava viaggiare alla scoperta di nuovi mondi e nuove cose, non stava mai fermo, era la persona più positiva e piena di vita che abbia mai conosciuto. Nonostante questo, era una persona molto prudente».

 

 

Però secondo una prima ricostruzione delle autorità egiziane sembra essersi spinto in una zona non balneabile.
«No, non era uno sprovveduto. Ricordo quando capitava di fare tardi dopo le registrazioni, facevamo sempre un pezzo di strada insieme, lui davanti con la sua Micra rossa e io piano piano dietro con la mia macchina. Una volta lasciai i fari accesi e mi si scaricò la batteria. Ho ancora nella mente l’immagine di lui che mi spinge la macchina per far ripartire il motore e, se devo dire la verità, questa cosa è stata un po’ una costante nella nostra amicizia. Quante volte mi ha aiutato a ripartire. Ho passato dei momenti molto difficili e lui c’è sempre stato. E ridevamo, ridevamo tanto, anche troppo».

Ridere non è mai troppo.
«Eh, una volta ci mandarono via da una trasmissione perché facevamo casino e io poi mi arrabbiai con lui tanto che non gli parlai per un paio di giorni. Ricordo che mi disse: "Romana (così mi chiamava), rimpiangerai il Di Gioia che ti fa ridere...". Allora non lo rimpiansi davvero, perché tempo tre giorni ed eravamo più legati di prima. Ma adesso quelle parole mi pesano come macigni e mi fanno così male. Ma di una cosa sono sicura».

Cosa?
«Che lui non avrebbe mai rischiato, né per sé né soprattutto per la sua famiglia. Era perdutamente innamorato di sua moglie e del suo bambino e io non credo assolutamente che possa essersi avventurato in acque non balneabili. Aveva timore persino dei gatti».

 

 

Come dei gatti?
«Sì, amava profondamente gli animali, ma quando veniva a casa mia voleva che chiudessi il mio in una stanza e io lo prendevo in giro. Non è mai stato uno che si lanciava in avventure particolari, per questo mi sembra impossibile. Era il tipo che se avesse preso una multa la avrebbe potuta prendere solo perché andava troppo piano. Nessuno ci restituirà mai il suo sorriso accogliente, però spero che in qualche modo venga fatta giustizia».

Cosa vuoi dire?

«Ho davvero paura che in questi casi la verità non possa mai venire a galla e mi viene in mente il caso Regeni. Ad oggi purtroppo ci sono posti che oggettivamente risultano più pericolosi rispetto ad altri. E temo che anche in questo caso ci siano troppi interessi in ballo affinché la verità venga fuori. Credetemi se vi dico che conosco Gianluca e so quanto fosse una persona assennata. Pensate che gli proposero un avanzamento di carriera, doveva trasferirsi a Eswatini con la famiglia, ma la situazione lì era davvero poco tranquilla e rinunciò nonostante fosse uno scatto importantissimo. Anche il divieto di balneazione di soli due giorni a seguito di questa tragedia mi sembra ridicolo. Una mancanza di rispetto».

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