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Cecilia Sala, quell'iraniano fermato a Milano tre giorni prima. Il giallo dello scambio

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Aldo Torchiaro
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Scambio di prigionieri. Teheran starebbe trattando la liberazione di Cecilia Sala (che non ha commesso alcun reato, non è indiziata di alcunché) in cambio di garanzie sull’iraniano Mohammad Abedini, imprenditore iraniano-svizzero di 38 anni, arrestato a Milano il 16 dicembre su richiesta delle autorità statunitensi. Si tratta di un soggetto particolarissimo su cui gli agenti segreti americani avevano già acceso i riflettori. Abedini è accusato di aver fornito supporto materiale a milizie legate ai Pasdaran, contribuendo alla costruzione di droni utilizzati in un attacco del 28 gennaio 2024 in Giordania, che ha causato la morte di tre soldati americani e ferito oltre 40 persone.

 

Le autorità italiane che sono intervenute nell’aeroporto milanese della Malpensa, arrestandolo prontamente- stanno valutando da dieci giorni la richiesta di estradizione degli Stati Uniti. Di fatto, la sua semplice custodia in Italia ha provocato la reazione del regime degli ayatollah. Tre giorni dopo il suo arresto a Teheran veniva fermata la giornalista Cecilia Sala, senza evidenza di accuse a suo carico. La detenzione della giornalista sarebbe dunque non una semplice ripicca, ma un preciso gesto ricattatorio. Materia di scambio. Una partita tanto delicata che a occuparsene sarebbero, insieme all’unità di crisi della Farnesina, gli uffici AISE, i servizi segreti per l’estero. Che su questa partita avrebbero ricevuto l’ordine di coordinarsi con il capo centro Cia in Italia. Perché in effetti di una spy-story si tratta.

Abedini sarebbe il fondatore e direttore generale di una compagnia iraniana (la San’at Danesh Rahpooyan Aflak Co.) che avrebbe prodotto moduli di navigazione utilizzati nel programma di droni militari dei pasdaran. L’attività principale dell’azienda - secondo gli americani - consisterebbe nella vendita di un sistema di navigazione proprietario, noto come Sepehr Navigation System, all’Irgc. Il sistema, nel dettaglio, sarebbe stato utilizzato per principale del Sepehr Navigation System di Sdra per l’utilizzo nei velivoli senza pilota o nei missili da crociera. In sostanza l’ingegnere svizzero-iraniano avrebbe eluso le sanzioni e fatto pervenire materiale tecnologico di rilevanza militare strategica al regime iraniano, che lo ha poi utilizzato contro gli stessi soldati americani in Giordania. Washington lo vuole su un volo blindato, diretto in uno dei carceri di massima sicurezza degli Stati Uniti.

 

In America, nel frattempo, è stato arrestato un altro cittadino iraniano-americano di nome Mehdi Mohammad Sadeghi di 42 anni, legato alla stessa rete di triangolazione di tecnologia militare di Mohammad Abedini. Nomi e circostanze che potrebbero far riaffiorare altri ricordi. Quando il 28 maggio 2023 nel corso di un incontro riservatissimo sul Lago Maggiore tra servizi segreti israliani e Aise, si rovesciò in acqua il barcone che li ospitava, morirono due agenti italiani e uno israeliano. Pare che in quei colloqui si stesse parlando proprio di Iran, e di una pista che guardava al confine svizzero. La magistratura milanese non ha ancora espresso il suo parere sull’estradizione di Abedini, e ora che la vita di Cecilia Sala fa da contrappeso al destino del prigioniero iraniano, le tempistiche per la decisione non potranno che allungarsi. La diplomazia è al lavoro, l’intelligence anche.

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