Dossieraggio, la velina con gli elogi che “incastra” De Raho e Striano
«Pasquale Striano ha evidenziato notevoli doti di riservatezza e lealtà, un'elevata ed approfondita preparazione tecnico professionale, piena disponibilità ed alto senso del dovere, instaurando ottimi rapporti interpersonali sia con i magistrati dell'ufficio che con il restante personale amministrativo e delle forze di polizia». È l'elogio che l'allora numero uno dell'Antimafia, Federico Cafiero De Raho, fa al suo investigatore spione, il tenente accusato insieme al pm Antonio Laudati di aver effettuato innumerevoli accessi abusivi ai sistemi analisti, la maggior parte contro esponenti del centrodestra. Una sviolinata che il procuratore, oggi deputato del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Antimafia che indaga sul dossieraggio, mette nero su bianco il 15 febbraio 2019, periodo in cui il tenente inviava all'amico giornalista di Domani i dossier contro la Lega di Matteo Salvini: interi fascicoli d'inchiesta che si traducevano in articoli per gettare l'ombra della 'ndrangheta e attaccare il Carroccio. Eppure, per il procuratore De Raho, Striano era così professionale da meritare encomi, elogi, ricompense e riconoscimenti ufficiali per le sue «notevoli doti di riservatezza e lealtà» e per la sua condotta morale «irreprensibile».
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Una nota che, alla luce dei elementi emersi dalle dichiarazioni di Striano e di Laudati, certifica la fiducia che De Raho nutriva per il suo investigatore, al quale, hanno assicurato i due indagati del gruppo Sos, era proprio lui a dettare la linea del lavoro da portare avanti. E Striano deve aver soddisfatto tutte le richieste di De Raho, visto che nell'elogio il capo dell'Antimafia prosegue: «L'ispettore nel periodo in esame ha svolto un ruolo fondamentale nell'ambito delle attività pre-investigative poste in essere dal predetto gruppo di lavoro circostanziatesi nello svolgimento di delicate analisi operative nel settore per le segnalazioni a contrasto della criminalità organizzata, permettendo allo stesso procuratore nazionale antimafia di esercitare in pieno le funzioni di coordinamento e di impulso demandategli dalla legge». A leggere la valutazione di servizio di De Raho sul tenente è stato il capo della Dia, Michele Carbone, nel corso dell'audizione di ieri davanti alla Commissione a Palazzo San Macuto.
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Carbone ha sottolineato come tra il 2018 e il 2019 l'allora procuratore mettesse in evidenza le qualità di Striano, con il quale aveva già lavorato nel 2006, quando il militare era stato assegnato alla Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria dove, ancora sotto la guida di De Raho, aveva contribuito alle indagini che portarono all'arresto eclatante dell'ex ministro Claudio Scajola per il caso Matacena. Un'operazione che aveva messo in luce le doti operative del procuratore. E alla domanda se qualcuno lo avesse raccomandato per passare dalla Dia alla Dna, dove poco dopo sarebbe approdato lo stesso De Raho, Carbone ha fatto intendere che quel trasferimento era avvenuto d'ufficio. Insomma, squadra che vince non si cambia.
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