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Bari, l'inchiesta si allarga: curava gli affari del boss ma pagava l'azienda pubblica

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Rita Cavallaro
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Si allarga l'inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nelle partecipate del Comune di Bari, guidato da Antonio Decaro. Dopo l'Amtab, la società dei trasporti pubblici commissariata nei giorni scorsi, ora i fari investigativi sono accesi sull'Amgas, la municipalizzata della Rete Gas del capoluogo pugliese. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia vogliono accertare se i clan siano riusciti a insinuarsi anche nell'Amgas, dopo aver messo le mani sui trasporti, trasformati in un poltronificio per gli affiliati e sotto il comando dei vertici della famiglia mafiosa dei Parisi. Il sospetto che lo stesso scenario possa essere stato avviato nella municipalizzata del gas emerge da elementi dell'inchiesta Codice interno, l'operazione che nelle scorse settimane ha portato a 130 arresti per voto di scambio politico-mafioso nell'ultima tornata elettorale, vinta da Decaro, e in cui sono coinvolti anche la consigliera comunale Maria Carmen Lorusso e suo marito Giacomo Olivieri. Alla base degli approfondimenti, le dichiarazioni del pentito Nicola De Santis, detto «il pezzato», colui che ha scoperchiato il vaso di Pandora dell’Amtab, dove era stato assunto il fratello del boss Savino Parisi, Massimo, e dove altri due uomini di spicco del clan di Japigia, Tommaso Lovreglio e Michele Di Tullio, comandavano tutto, decidendo perfino le assunzioni degli esponenti dell’organizzazione.

 

 

De Santis aveva spiegato agli inquirenti il modus operandi di imporre in azienda, tramite agenzia interinale, i contratti a tempo determinato o i nominativi da chiamare in occasione degli eventi. Una pratica che sarebbe stata attuata anche municipalizzate per altre della città. «Tu per l’Amtab, o l'Amiu, o l’Amgas devi avere qualcuno che all'agenzia deve dire: "Domani devi chiamare dieci persone, devi chiamare tizio, caio e sempronio. Gli altri non li chiamare"». Le intercettazioni effettuate nel corso dell'inchiesta sul voto di scambio hanno ora coinvolto anche un dipendente dell'Amgas, Mirko Massari, finito in carcere durante la retata Codice interno. L'arrestato, nipote di Bruna Montani, cugina del capo clan Andrea Montani, durante la campagna elettorale si era impegnato a garantire l'appoggio della famiglia criminale a Olivieri, assicurando un pacchetto di voti «in cambio di denaro e altre utilità (buoni spesa e buoni benzina)», nonché dell’impegno della stabilizzazione lavorativa per il cugino.

 

 

Un’attività illecita che Massari ha messo in atto utilizzando sia l'auto di servizio dell'Amgas, durante l'orario di lavoro, che il cellulare aziendale. L'utenza che il dipendente usava per parlare con gli uomini dei clan, infatti, era intestata alla società interamente partecipata dal Comune di Bari e si tratta di un benefit che la municipalizzata fornisce per le esigenze aziendali. La Dda, che sta effettuando le verifiche al fine di individuare altri possibili coinvolgimenti, ha già aperto un'altra inchiesta sulla base dei documenti contabili inviati dal nuovo commissario giudiziario dell'Amtab, Luca D'Amore. Dalle carte sarebbero infatti emerse irregolarità nei conti della partecipata, gravata dall'elevato numero di contratti interinali di esterni, che avrebbero compromesso il bilancio, provocando il rosso del 2022, chiuso a -4,2 milioni di euro.

(foto d'archivio)

 

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