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Scuola chiusa per Islam, il Pd difende il Ramadan e se ne frega del Presepe

Pietro De Leo
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Ma quanto doppiopesismo, quanta doppia morale! La sinistra, come in molte altre questioni, applica anche alla laicità il criterio del «fai da te». Concetto da applicare ultra fedelmente quando si tratta di cose cattoliche, se ne dimentica quando c’è da difendere la chiusura della scuola di Pioltello nell’ultimo giorno di Ramadan. Anche ieri, sul dibattito politico ha continuato ad accendersi. E ha visto anche l’intervento del Presidente del Senato Ignazio La Russa, che si è schierato con la decisione del ministro Valditara, il quale ha stigmatizzato l’iniziativa, di demandare agli uffici competenti del dicastero la valutazione sulla decisione del dirigente scolastica: «Ho parlato con il ministro che ho incontrato per puro caso in aereo - ha detto La Russa - mi ha spiegato che le norme prevedono che non spetti alla scuola fissare nuove vacanze. La scuola può modificare leggermente il calendario per motivi didattici, non fissando nuove regole, se no ci sarebbe la festa degli indù, di questi, di quelli. Mi ha detto che questa norma è pacifica, credo che abbia ragione il ministro».

 

Invece, da sinistra, è proseguita la carica di cavalleria (come lunedì) a difesa della decisione di chiudere. Secondo Marwa Mahmoud, responsabile Partecipazione della segreteria del Pd, si tratta di una scelta «di civiltà e di inclusione», mentre «preoccupano le parole del Ministro Valditara che dimostra scarso rispetto per l’autonomia scolastica». Secondo Elisabetta Piccolotti, di Alleanza Verdi e Sinistra, chiudere la scuola è «segnale di rispetto e integrazione». Dal Movimento 5 Stelle, Stefania Ascari accusa il ministro Valditara: «Si intromette e condanna la decisione della scuola di Pioltello di chiudere in occasione della fine del Ramadan». Ovviamente, l’iniziativa viene salutata favorevolmente dal Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia, Yassine Lafram: quello del preside, ha detto conversando con l’agenzia Dire, è «un atto di civiltà». Dunque, il dibattito politico è molto acceso. Gli uffici del ministero diranno, poi, se la scelta di chiudere è stata legittima o meno. Ma a risaltare sul piano politico-culturale è l’atteggiamento della sinistra. Non è la prima volta, infatti, che il fattore religioso impatta sul confronto intorno alle politiche educative.

Accade ogni qualvolta (e vi è un diario sterminato in proposito) a scuola viene cancellata una recita con tema la Natività, oppure le feste prima delle vacanze di Natale, una tradizione radicata un po’ ovunque, viene sostituita da una più neutrale «festa d’Inverno». In altre occasioni, poi, è capitato che la parola Gesù fosse sostituita nelle canzoni a tema, sempre a ridosso di Natale.

C’è chi vi ha messo al posto il termine «Perù» oppure «cucù». Il tutto nella zelante intenzione di non offendere alunni non di religione cattolica. Come se ci fosse qualche sopraffazione nell’immagine di un bambino che nasce. Semmai, il sopruso è privare quei bambini cattolici della magia che avvolge, da sempre, l’attesa del Natale e che è giusto vivere anche a scuola. Tuttavia, quando queste privazioni avvengono, da sinistra non si leva nessuno schieramento di difesa. Al massimo qualche voce sparuta, più coraggiosa. Per il Ramadan tutti uniti, per il Natale il cartello «torno subito». La laicità a corrente alterna. 

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