Dossieraggio, il giorno dell'interrogatorio di Laudati. Ecco le tre risposte che deve dare
La resa dei conti nell’Antimafia potrebbe consumarsi oggi a Perugia. Perché il pm Antonio Laudati, tirato per la giacchetta dal suo sottoposto Pasquale Striano e investito del ruolo di capo spione, non ci sta a chiudere la sua carriera di magistrato come l’uomo che ordinava i dossieraggi da passare alla stampa per attaccare i politici del momento. D’altronde, tra i numerosi elementi a sostegno dei capi d’accusa e le rivelazioni del luogotenente della Finanza responsabile delle diverse migliaia di accessi abusivi alle banche dati, Laudati è pronto a rispondere alle contestazioni e a chiarire tutti gli aspetti su cui il procuratore Raffaele Cantone fonda l’inchiesta umbra. Ormai il magistrato ha ben chiaro il percorso difensivo da seguire, in un’indagine che si sta allargando non solo agli accertamenti investigativi sulla mostruosa mole di dati raccolti illegalmente nella cabina di regia del gruppo Segnalazioni operazioni sospette, culminate nel dossier Colle su Berlusconi, ma che potrebbe travolgere gli equilibri nell’Antimafia, oltre ad avere ripercussioni estere molto pesanti, con il nuovo fascicolo sugli spioni aperto in Vaticano per scovare i mandanti del dossieraggio sulla Santa Sede. Questa volta il pm non si limiterà a dire, come fece da procuratore di Bari sul suo pool di finanzieri che spiano i colleghi, che forse gli investigatori erano andati un po’ oltre i suoi ordini.
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Laudati sarebbe pronto a dare a Cesare quel che è di Cesare. A intestarsi parte della responsabilità sugli accessi abusivi come presupposto necessario, seppure borderline, allo sviluppo di alcune investigazioni per il contrasto alla criminalità organizzata nel sistema economico e finanziario del Paese. L’altra parte, però, il magistrato la rispedirebbe al mittente, la Direzione nazionale Antimafia, che sarebbe stata a conoscenza del lavoro del pm, il quale è fermamente convinto di non aver operato alcun abuso. Il resto è tutta opera di Striano, che avrebbe setacciato le banche dati e inviato documenti riservati agli amici giornalisti. Non è tutto, poiché Laudati intende rimarcare l’aspetto fondamentale che avrebbe poi portato alla luce il verminaio del dossieraggio, ovvero una sua relazione di servizio del novembre 2022, che smentiva gli accertamenti in via Giulia sul ministro Guido Crosetto e portava a galla le intromissioni nei database del Nucleo di polizia valutaria delle Fiamme Gialle, tutte riconducibili a Striano. Insomma, i dossier disposti da Laudati sarebbero condivisi con i vertici della Dna, quelli illeciti sarebbero di esclusiva iniziativa del finanziere, che invece sostiene di aver eseguito gli ordini dei suoi superiori.
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Certamente l’interrogatorio di oggi davanti al procuratore Raffaele Cantone si prospetta lungo e complicato. Perché il titolare dell'inchiesta di Perugia ha fin troppe domande da porre a Laudati e molteplici aspetti, dalle ripercussioni anche politiche, da chiarire. La prima questione da snocciolare sarà sui presunti mandanti, sugli ordini dall'interno dell’Antimafia e su possibili interferenze esterne. E ancora: i vertici della Dna erano informati sulle persone che venivano spiate e su come operava il gruppo Sos? Laudati dovrà fornire spiegazioni su come è potuto accadere che atti coperti da segreto finissero puntualmente sulla stampa, oltre a chiarire i suoi ipotetici rapporti con i giornalisti indagati. Alla luce del fatto che tre degli episodi contestati delineerebbero il modus operandi del team di spioni Striano&Co, l’avvio di un dossier pre-investigativo con l’intromissione di personaggi esterni all'ufficio e l’autorizzazione per le indagini, su dossier prefabbricati, inviata all’allora capo dell’Antimafia, Federico Cafiero De Raho.
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