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Inchiesta Perugia, Mulè ribalta la tesi di Tizian del Domani: "Come nascono i dossier"

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“Questo doppiopesismo non fa bene né al giornalismo né alla verità” Giorgio Mulè non ha nessun dubbio. Il vicepresidente della Camera dei deputati, intervenuto sul caso dossieraggio ad Omnibus su La 7, non si è risparmiato dall’analizzare l’indagine della Procura di Perugia. “Io sono davvero l'ultimo a potersi indignare. I giornalisti da che mondo è mondo campano di fonti più o meno riservate e vivono nell’illecito – esordisce Mulè – Lo sport preferito di chi fa cronaca è violare il segreto istruttorio, che è quello che io mi sono divertito a fare per circa trent'anni”. 

 

Da giornalista con anni di esperienza, Mulè analizza quanto sta emergendo dalle indagini: “Qual è il problema che nasce su Striano e su questa storia? – si chiede – quando il rapporto con una fonte riservata diventa un rapporto che devia dal normale percorso”.  L’esponente di Forza Italia diventa più esplicito: “Striano, Laudati, e vediamo poi chi, usavano alcuni giornalisti per veicolare delle informazioni su alcuni soggetti – spiega Mulè – Questi giornalisti scrivevano degli articoli e sulla base degli articoli scritti, Laudati chiedeva al suo procuratore antimafia l'apertura di quello che si chiama un dossier pre-investigativo”.

 

“Questo non va bene – sottolinea – C'è stato un inquinamento, un rapporto che diventa lì sì perverso nel momento in cui un giornalista consapevolmente o inconsapevolmente diventa strumento per avviare indagini”. Il vicepresidente della Camera poi evidenzia un aspetto della vicenda che trova “esilarante”: oggi, infatti, c’è “la difesa a spada tratta dei giornalisti quando in vari casi negli anni scorsi c'era la macchina del fango, oggi d’acqua distillata”.  Mulè che ricorda: “Ci fu un momento nel 2013 in cui sostanzialmente 10 giornalisti di Panorama vennero messi sotto inchiesta dalla procura di Napoli – spiega – Intercettarono all'epoca 27 utenze telefoniche accumulando 112.000 telefonate in sei mesi”. Tutto per identificare una fonte della rivista, un cancelliere della Procura del capoluogo partenopeo.  Peccato che, come sottolinea il politico azzurro, “quelle telefonate che erano fatti privati, privatissimi e finirono su alcuni giornali – dice – quello è una forma di limitazione della libertà di stampa sulla quale nessuno all’epoca, ad esempio, disse una parola”.  Ecco, quindi, il doppiopesismo che non fa bene “né al giornalismo né alla verità”.

Su Perugia, poi, ricorda l’azzurro agli spettatori “le cose da capire sono ancora tante”. Alle fine del suo pensiero, Mulé si scambia qualche battura anche con Giovanni Tizian, uno dei giornalisti indagati. “Noi scriviamo di una grande speculazione edilizia – spiega il giornalista di Domani – dopo quell'articolo interviene addirittura la Regione Lazio, la Soprintendenza. Credo che avesse un interesse pubblico”.  Ma l’ex direttore di Panorama è inarrestabile: “E’ la genesi. Non siete voi che chiedete a Striano. È Striano che vi dice ‘scrivi questa notizia’ e sulla base di quella avviano la richiesta di dossier pre-investigativo”.

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