Open arms, spuntano le mail a Merkel. Bongiorno: la Ong è stata coccolata
Sono emersi ulteriori dettagli sul processo Open Arms che vede imputato l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per avere impedito, nell’agosto 2019, per 19 giorni, lo sbarco di 163 migranti che si trovavano a bordo della nave della Ong che chiedeva lo sbarco dei naufraghi a Lampedusa. Salvini ha presenziato a Palermo all’udienza in aula bunker, accompagnato dal suo avvocato difensore Giulia Bongiorno. Il primo a deporre è stato Oscar Camps, fondatore della Ong che ha sottolineato: «Noi chiedevamo un porto per sbarcare a Malta e all’Italia. Malta disse subito di no, ma l’Italia non ha mai risposto. C’era il decreto che impediva l’attracco. Aspettavamo che un giudice accogliesse il nostro ricorso sul decreto che ci impediva di sbarcare - ha detto - a bordo le condizioni mediche erano difficili, la situazione dei bagni terribile. Molte persone si erano lanciate in acqua, diverse avevano tentato il suicidio. Tra il 14 e il 15 agosto la nave Open Arms è entrata nelle acque italiane - ha poi sottolineato - avevo chiamato il capitano e mi aveva detto che non potevamo entrare nelle acque italiane perché un’unità della Guardia di finanza ce lo impediva. Io ho insistito con lui dicendo che poteva entrare. Ho spiegato che il decreto non aveva più vigenza in quel momento e che avevamo bisogno di essere accolti perché c’era cattivo tempo e la situazione a bordo era difficile. Eravamo davanti a Lampedusa».
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Nel corso dell’udienza a Palermo il fondatore della Ong ha raccontato anche che «Richard Gere, venuto a conoscenza delle difficili condizioni a bordo - ha detto - mi ha chiamato per chiedere cosa poteva fare, gli ho detto di vederci a Fiumicino e di andare insieme a Lampedusa. Gere si occupò di comprare frutta e verdura e abbiamo affittato una imbarcazione per portare quello che avevamo acquistato».
Il presidente della II sezione penale di Palermo ha disposto l’acquisizione della documentazione mail delle comunicazioni intercorse tra Oscar Camps, fondatore di Open Arms e Angela Merkel. Camps, infatti, avrebbe chiesto l’intervento dell’allora cancelliera tedesca per un aiuto per lo sbarco dei naufraghi a bordo della nave. «Aspettavamo la ripartizione dei naufraghi. Gli sbarchi precedenti al nostro necessitavano del bisogno della comunità europea. Nel caso di Sea Watch, per i tedeschi. In quella occasione ci siamo messi in contatto con la Merkel per chiedere il suo intervento perché la situazione a bordo era molto difficile - ha detto Camps - abbiamo chiesto un porto sicuro possibile, il più vicino possibile». La risposta di Angela Merkel però «non è mai stata fornita al giudice, quindi non è stata acquisita perché non è pubblica», ha detto Camps.
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«Oggi è stato dimostrato che Open Arms era al centro dell’attenzione da parte di tutte le autorità, ha ricevuto più volte mail in cui si diceva che se avesse attestato le condizioni di salute i migranti scendevano subito e telefonate in cui i medici dicevano di essere pronti a dare la massima disponibilità. Forse è l’udienza che in assoluto ha fatto emergere in maniera nitida, più delle altre, quanto in realtà la Open Arms sia stata accudita e quasi direi coccolata. Quindi è l’esatto opposto della ricostruzione che fornisce il capo d’imputazione che parla di una nave abbandonata», ha detto l’avvocata Giulia Bongiorno, legale di Salvini, alla fine dell’udienza parlando con i cronisti. Dalla testimonianza del fondatore di Open Arms Oscar Camps, secondo Giulia Bongiorno, «viene fuori in maniera assolutamente chiara che in realtà Oscar Camps parlava con le autorità europee, contemporaneamente in Italia si pensava alle redistribuzione dei migranti, la Spagna offriva porti, la guardia costiera diceva che potevano scendere se certificavano che stavano male a bordo. Non si capisce perché non sono scesi subito».