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Soldi agli studenti più bravi ma la Cgil li vuole tutti uguali

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Un istituto di Padova premia con 100 euro chi ha la media del 9. Il sindacato: logica sbagliata

Christian Campigli
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Appiattire tutti verso il basso. Tarpare le ali ai più bravi, in nome di una presunta parità che, negli anni Settanta, sfociò nel famigerato sei politico. Ovvero, nella cessazione stessa dell’impegno, della volontà di emergere e di costruirsi un futuro. Quel cupo periodo non sembra però essere mai tramontato. Almeno a giudicare dalla nuova, assurda polemica della Cgil Veneto. Il bonus da cento euro agli studenti con la media del 9, con tanto di cerimonia delle eccellenze e attestato di merito, non piace infatti al più antico sindacato italiano. Un caso specifico, che viene dall’istituto superiore Scalcerle di Padova.

«Prima di tutto è doveroso capire le motivazioni che hanno spinto gli organi interni a percorrere questa strada – ha affermato Marta Viotto, segretario Flc Cgil del Veneto- Ci rifiutiamo di credere che siano stati mossi da logiche pubblicitarie finalizzate a vendere al meglio un prodotto, nella logica sbagliata di concorrenza fra istituti. Se così fosse sarebbe la stessa idea di scuola che ispira il Governo in carica, che intende riconoscere a lavoratrici e lavoratori del comparto una serie di bonus premiali, senza mai intervenire in maniera seria sugli adeguamenti salariali e sulle condizioni lavorative, incrementando gli organici e riducendo il numero di alunni per classe».

 

Ma non basta. Il segretario della Cgil, dimenticando l’importanza di una scuola che formi giovani in grado di trovare un impiego lavorativo, rivendica una scuola livellata verso il basso. «Non c’è nulla di più sbagliato che puntare sulla competizione tra lavoratori anziché sulla cooperazione e sulla crescita collettiva. La scuola pubblica ha come suo compito fondamentale quello stabilito dalla Costituzione: contribuire a rimuovere gli ostacoli che limitano l’uguaglianza di tutti i cittadini. Serve una scuola inclusiva, che formi cittadini liberi e consapevoli. Servono investimenti, che rafforzino uno dei pilastri fondamentali del nostro welfare».

 

Infine, un attacco politico frontale al governo di centrodestra. «Quando la Cgil ha contestato il cambio del nome del ministero dell’istruzione, non lo abbiamo fatto per formalismo, ma perché sapevamo che annunciava un peggioramento ulteriore della situazione che abbiamo vissuto negli ultimi vent’anni, con una scuola sempre più funzionale al mercato»

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