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Bergoglio trasloca nella casa di Joseph Ratzinger

Luigi Bisignani
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Caro direttore, bye bye Santa Marta. Bergoglio si trasferirà presto al Monastero Mater Ecclesiae, la residenza che fu anche di Benedetto XVI, da cui ha fatto velocemente sloggiare Padre Georg. I corvi, loro malgrado, presto dovranno cambiare comignolo sul quale volteggiare e così sarà per loro ancor più difficile capire le mosse del Papa che ha già fatto partire, nonostante il pit stop al Gemelli, il toto nomine per l’ambito posto di capo della comunicazione per sostituire Paolo Ruffini, in scadenza, che si sente sicuro perché dice di godere della protezione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Dopo la pessima gestione mediatica durante la sua degenza, era inevitabile che anche i cardinali critici verso le decisioni di Francesco, almeno per una volta si fossero trovati d’accordo. La mattina dopo il suo ricovero, viste le notizie contraddittorie che iniziavano a circolare, le nunziature e le cancellerie di mezzo mondo hanno dovuto scrivere allarmate per conoscere le reali condizioni di salute del Pontefice: si era passati, infatti da visite già programmate ad un’infezione polmonare alla bronchite e poi ad un infarto in un batter di ciglia. Confusione dovuta alla mancanza di una corretta comunicazione anche per l’improvvisazione dello staff medico della casa papale in mano all’infermiere tuttofare Massimiliano Strappetti. Ma Francesco di lui si fida ciecamente e fino a oggi ci ha sempre indovinato. Tuttavia, il fattaccio merita attenzione e nulla risolleva più lo spirito che un dispettuccio alla Curia e così il Papa ha pensato di metterci una donna. È già infatti un fiorir di candidate. A luglio, al dicastero della comunicazione della Santa Sede, scadrà infatti il mandato di cinque anni di Paolo Ruffini come Prefetto e a dicembre quello di Andrea Tornielli come direttore editoriale. Come istituzione, la Sala stampa esiste dagli anni del Concilio Ecumenico Vaticano II: fu pensata come strumento della Segreteria di Stato per interloquire con la grande massa di giornalisti che gravitavano intorno all’evento e così la gestirono i primi direttori, Padre Panciroli e i Monsignori Nicolini e Pastore.

È stato poi Joaquín Navarro-Valls a separare la Sala stampa dalla Segreteria di Stato e a farla dipendere direttamente, così ha fatto credere al mondo, da Papa Giovanni Paolo II. Ma Navarro, divenuto in breve tempo una vera e propria star dei salotti della Capitale, l’aveva trasformata nello zoccolo duro dell’Opus Dei romana, «problema» sia per la Prelatura che per il resto del mondo opusdeista. Nonostante gli sgambetti di qualche vaticanista molto cara al cuore di Navarro, è con Papa Benedetto che Padre Federico Lombardi tenta di riportarla, riuscendoci, al rango di fonte primaria e attendibile dell’attività e del pensiero del Papa regnante. Si deve a Tornielli, invece, l’idea di trasformare il poco frequentato sito Vatican news nella fonte delle fonti, ovvero la mega agenzia che gestisce e amministra il brand «Papa e Vaticano» soprattutto commercialmente, tra l'altro costringendo la Rai a «convenzioni» capestro e a mandare in onda programmi e «speciali» prodotti e venduti da società di produzione amiche. Solo per fare un esempio, per trasmettere le cerimonie pontificie, la Rai paga i diritti al Centro Televisivo Vaticano quando la stessa trasmissione viene ceduta gratuitamente a TV2000 che, dai tempi in cui Paolo Ruffini e Lucio Brunelli dirigevano la televisione dei vescovi, a sua volta cede il segnale, gratuitamente, anche a Mediaset.

L’11 novembre scorso, ricevendo il personale del Dicastero, il Papa, divertendosi alla maniera «gaucha», ha di nuovo qualificato direttori e giornalisti come «poeti pazzi», invitandoli per l’ennesima volta ad essere «professionali». E a quanto pare troppo torto non l’ha avuto visto che, non per caso, uscendo ieri dal Gemelli, il Papa si è fermato a ringraziare i giornalisti perché con il loro lavoro hanno smentito «le bugie e le fantasie» messe in giro. Che Papa Francesco bypassi continuamente il Dicastero della comunicazione è ormai noto, meno noto è il fatto che stia cercando una donna, una giornalista per rimpiazzare Ruffini, focolarino a suo tempo «presentato» dall’allora segretario Cei Nunzio Galantino. Nella short list si valuta Stefania Falasca, amica di lunga data di Francesco. Lei racconta che quando Bergoglio era cardinale, lasciava a casa sua gli abiti solenni necessari per partecipare alle liturgie papali di Roma, che a Buenos Aires non amava indossare. Ma la Falasca è ciellina, con un passato di «memores Domini» come le suorine laiche che hanno accudito Ratzinger. L’altra sarebbe Valentina Alazraki, corrispondente delle tv messicane Televisa-Telemundo, la quale è stata insignita da Papa Francesco come dama della Gran Croce dell'Ordine Piano. Tuttavia viene considerata, anche da parte famigliare, molto vicina a quei «Legionari di Cristo» fondati dal messicano Marcial Maciel Degollado e sulle cui opere in Messico ancora ci si interroga. Nondimeno, nei sacri palazzi si sussurra sempre di più il nome di Nicole Winfield, corrispondente da Roma dell’Associated Press: i maligni dicono che è senza una preparazione adeguata ma una che dice pane al pane e vino al vino. Una tosta, e piace proprio per questo a Papa Francesco, il quale potrebbe nominarla per gettare un bergogliano scompiglio in un Dicastero che afferma sempre di parlare in nome del Papa, quando il diretto interessato pare non li veda e non li senta. Last but not least, spinta dalla potente lobby ciellina marchigiana, ci punta anche Giorgia Cardinaletti, che da Rai Sport ha bruciato le tappe come nessuno diventando, appena arrivata, il volto del TgUno delle 20. In questo caso, una Cardinaletti di nome e di fatto.
 

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