No al crocifisso in classe. Sì all'aula del Ramadan: è polemica a Firenze
La prima condizione perché il dialogo sia possibile è il rispetto reciproco. Una massima, quella espressa venticinque anni fa dal politologo Norberto Bobbio, che deve essere però sconosciuta alla sinistra italiana. Da sempre pronta a denigrare, umiliare e destrutturare le nostre tradizioni. E, al tempo stesso, prodiga di aperture verso chi giunge nel nostro Paese da terre lontane. Con abitudini e usi profondamente diversi dai nostri. L'ennesima dimostrazione di questa tendenza giunge da Firenze. Il preside dell'istituto tecnico Marco Polo, Ludovico Arte, ha deciso di destinare un'aula per pregare. Interamente a disposizione degli studenti musulmani durante il Ramadan appena iniziato. Alcune studentesse, di fede musulmana, avevano infatti sollevato la questione e il dirigente scolastico le ha prontamente accontentate.
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«Due giorni fa sono venute in presidenza due studentesse marocchine. Mi hanno segnalato che il 23 marzo sarebbe iniziato il ramadan, che dura un mese e prevede cinque preghiere giornaliere, e mi hanno chiesto la possibilità di fare a scuola la preghiera mattutina. La preghiera dura solo 5 minuti, è possibile uscire di classe e avere un posto per pregare? - ha raccontato in un lungo post su Facebook il preside - Non ero preparato a rispondere e ho chiesto tempo per riflettere. Mi sono confrontato con le mie vice-presidi e ci siamo detti che in una scuola pubblica laica non è accettabile che la religione passi davanti alla didattica. Però non volevamo dire di no a una esigenza che le ragazze sentivano importante e che avevano posto con grande garbo. Allora abbiamo trovato una mediazione. Consentiremo a loro e agli altri studenti di fede musulmana di pregare in uno spazio della scuola durante la ricreazione, in modo da accogliere la richiesta senza togliere tempo alla didattica. Per come la intendiamo noi, la scuola pubblica è la scuola di tutti. Questo vuol dire che deve garantire il pluralismo e accogliere, per quanto possibile, le diverse esigenze, materiali e spirituali, di ogni studente e di ogni docente».
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Una decisione che ha sollevato, nella città di Dante e Michelangelo, un vespaio di polemiche. In particolar modo sulla (inesistente) reciprocità verso i cristiani. «Per anni ci siamo sentiti dire che la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche fosse inopportuna perché avrebbe urtato la sensibilità delle persone non cattoliche. E non solo, per anni ci hanno detto che la scuola deve essere laica – hanno affermato Francesco Torselli, capogruppo di Fratelli d'Italia nel consiglio regionale toscano, e Alessandro Draghi, capogruppo FdI a Palazzo Vecchio -. Dove sono i progressisti di sinistra di fronte a questa virata confessionale? Fare polemica per il crocifisso a scuola e poi plaudire alla concessione di un’aula per pregare durante il Ramadan non è pluralismo culturale, ma vero e proprio sentimento anti-italiano e di avversione verso la nostra cultura e le nostre tradizioni. A parer nostro tutti sono liberi di professare la propria fede ma per gli esponenti della sinistra questo principio vale per tutte le religioni ad eccezione della cattolica, visto che si sono stracciate le vesti per la presenza del simbolo della cristianità nelle scuole. Come sempre, i progressisti dimostrano il loro doppiopesismo: la nostra identità si combatte, quella altrui si incentiva».
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