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Caso David Rossi, il Csm indica Andrea Boni procuratore capo a Siena

Christian Campigli
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Soffia un'aria nuova, di rinnovamento a Palazzo dei Marescialli. Il Csm, l'organo di autodisciplina della magistratura, dopo il caso Palamara e lo scandalo delle nomine, sembra aver cambiato spartito. Almeno questo il messaggio arrivato ieri dalla Quinta Commissione del Csm che ha indicato in Andrea Boni il nuovo Procuratore Capo per Siena. La Commissione ha deciso all’unanimità di proporre la sua nomina al plenum, che si pronuncerà nelle prossime settimane. Boni è attualmente capo della procura di Urbino. Ma in un recente passato ha svolto il ruolo di pm nella città del Palio. Nella quale si è occupato anche dell’inchiesta sulla morte di David Rossi, prima di trasferirsi. Fu lui ad aprire il secondo fascicolo nel 2014 sul caso del manager morto in circostanze ancora tutte da chiarire, scoprendo per primo alcune nefandezze compiute dai suoi colleghi. Andrà a ricoprire la carica lasciata vacante da Salvatore Vitello, che dall’ottobre 2021 è stato sostituito come facente funzioni da Nicola Marini. Un nome discusso, quest'ultimo, che figura tra i pm indagati anche dalla procura di Genova per falso aggravato proprio in merito al primo fascicolo relativo al manager Mps deceduto.

 

 

 

 

Del resto il caso David Rossi è tutt'altro che concluso. Anzi, la decisione raggiunta mercoledì all'unanimità dal Parlamento di istituire la seconda commissione d'inchiesta è un segnale chiaro e inequivocabile. Basta ambiguità, non è più il tempo di nascondere la polvere sotto il tappeto. Nonostante i goffi tentativi del Partito Democratico, che ha cercato in ogni modo di farla nascere azzoppata (imponendo un limite temporale ai lavori). Ancora non si conoscono i nomi dei 20 componenti ma la vicenda del manager di Mps, trovato senza vita la notte del 6 marzo 2013, è tornata a circolare nei Palazzi con rinnovata curiosità accompagnata, in alcuni casi, da mai sopite apprensioni. Soprattutto in quanti appena pochi giorni fa avevano tirato un sospiro di sollievo leggendo la richiesta di archiviazione formulata dai magistrati di Genova del fascicolo per falso aggravato a carico dei pm di Siena Nicola Marini, Aldo Natalini e Salvatore Nastasi titolari della prima indagine sulla morte di Rossi nel 2013; indagine frettolosamente chiusa e svolta drammaticamente male, tanto che ancora oggi in discussione è proprio il loro operato di quei mesi. Durante l'ultima settimana c’è stata grande tensione intorno alla decisione del Csm. In molti, tra gli ermellini, scommettevano sul discusso nome di Nicola Marini, sostituto oggi facente funzioni. Sarebbe stata, impossibile negarlo, una scelta a dir poco infelice. Per Siena e soprattutto per la Giustizia.

È già sorprendente il fatto che Marini - classe 1958, in magistratura dal 1988 e dal 1990 in forza a Siena – non sia mai stato invitato a cambiare Procura. O che la prima commissione del Csm – chiamata a verificare i casi di incompatibilità – non lo abbia già trasferito altrove per il bene dell’ufficio e dello stesso Marini. In particolare negli ultimi due anni, da quando cioè grazie alla sua anzianità è diventato reggente. Nonostante le denunce a suo carico da parte di almeno tre carabinieri (quelle note), i fascicoli sul suo operato aperti dalla Procura di Genova (uno archiviato), gli esposti degli avvocati del foro senese e, infine, i numerosi errori dei quali è stato accusato anche durante le audizioni svolte dalla prima commissione parlamentare d’inchiesta su Rossi (che ha terminato i lavori nel dicembre 2021 dai quali ora ripartirà la nuova commissione). Senza contare le contraddizioni espresse durante la sua audizione e i due fascicoli disciplinari a suo carico ancora in essere al Csm, uno sull’indagine David Rossi e l’altro sui cosiddetti festini. La prima commissione avrebbe già potuto trasferire Marini da tempo, considerato che lui è un sostituto e sarebbe sufficiente dunque nominarlo aggiunto. Questo è del resto l’iter che segue da sempre il Csm quando ci sono casi di incompatibilità ambientale. Già nel 2015 era stato avviato un procedimento a suo carico al Consiglio superiore per le indagini sul caso Rossi. E da allora i dubbi sulla qualità del suo operato – e su quello dei suoi colleghi Natalini e Nastasi - sono costantemente aumentati. Una scelta, quella di ieri del Csm, che sembra restituire dignità e credibilità alla giustizia italiana. E che fa sperare non solo si possa giungere finalmente ad accertare cosa sia accaduto la notte del 6 marzo 2013 a David Rossi, ma anche (e soprattutto) se realmente siamo davvero tutti uguali davanti alla legge.
 

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