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Bufera per l'ordinanza sugli scafisti di Crotone tra "crociere" ed "esotici viaggi"

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Fa discutere l'ordinanza di custodia cautelare scritta dal gip del Tribunale di Crotone Michele Ciociola  per confermare il carcere ai due scafisti arrestati domenica dopo il naufragio di Crotone in cui hanno perso la vita almeno 68 migranti. Nelle 47 pagine spiccano espressioni provocatorie e sarcastiche, scritte con linguaggio aulico con cui il giudice parla di "turismo croceristico" e di "viaggi esotici", e ricorda che i trafficanti di esseri umani "non sono quattro amici al bar" ma fanno parte "di una vera e propria organizzazione". 

 

 "In attesa dell'atteso ed osannato turismo crocieristico - scrive il gip - l'Italia per alcuni giorni scopre altri esotici viaggi alla volta di Crotone e dintorni". Frasi che secondo molti osservatori sono quantomeno inopportune vista la gravità della vicenda.  "Nel frattempo immarcescibili e sempre più opulente organizzazioni criminali turche (nel caso in specie, tuttavia, emergono appendici strutturali pakistane) brindano all'ultima tragedia umanitaria (il disastroso terremoto che inghiottiva parte della Turchia e della già martoriata Siria) che regalerà ai loro traffici ulteriori miriadi di disperati, disperati disposti a tutto pur di mettersi alle spalle un crudele presente ed un ancor più fosco futuro”, si legge in un altro passaggio. 

 

"Lungi dall'ergersi alla Cassandra di turno, chi scrive, gravato dagli orrori dell'ultima mareggiata pitagorica, si accinge a vagliare l'ultimo fermo disposto in materia di immigrazione clandestina", mette nero su bianco il gip che poi scrive che “lo sbarco in esame non può essere ritenuto frutto di un epifenomico accordo tra 'quattro amici al bar', che imbattutisi per caso in almeno 180 disperati, decidono di affrontare i perigli del mare per speculare sul desiderio di libertà dei disperati medesimi”. In conclusione, Ciocola conferma il carcere per gli indagati per favoreggiamento all'immigrazione clandestina, naufragio colposo e lesioni a causa del  "concreto pericolo di commissione di reati della stessa indole di quelli per cui si procede, per le specifiche modalità e circostanze del fatto che denotano una spiccata pericolosità sociale degli indagati” che spinge a “ritenere di certo non improbabile la reiterazione di analoghi comportamenti delittuosi”.

 

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