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Brigate Rosse, indagato il fondatore Renato Curcio per un episodio del 1975

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La procura di Torino riaccende un faro sugli anni di piombo e ha iscritto nel registro degli indagati Renato Curcio in relazione alla sparatoria davanti alla cascina Spiotta, nell’Alessandrino, che nel 1975 mise fine al sequestro dell’imprenditore piemontese Vittorio Vallarino Gancia. I magistrati e i carabinieri del Ros sono alla ricerca del brigatista mai identificato che sarebbe riuscito a fuggire tra i boschi durante lo scontro a fuoco in cui persero la vita Margherita ‘Mara’ Cagol, la moglie di Curcio, fondatore del gruppo terroristico di sinistra, e Giovanni D’Alfonso, appuntato dell’Arma. 

 

 

L’inchiesta nasce da un esposto del figlio del militare ucciso, Bruno D’Alfonso: Curcio è accusato di concorso nell’omicidio del carabiniere e il 14 febbraio gli è stato notificato l’avviso di garanzia. L’ex brigatista, oggi 81enne, ha negato ogni coinvolgimento durante un interrogatorio a Roma e ha presentato una memoria difensiva in cui chiede agli inquirenti di chiarire le circostanze della morte della moglie sostenendo che fosse disarmata quando un proiettile la trafisse sotto l’ascella sinistra, come emerso dall’autopsia che farebbe pensare che avesse le braccia alzate in segno di resa. 

 

 

«Ho fatto presente ai magistrati che mi hanno interrogato, consegnando loro anche una memoria scritta, la mia totale estraneità sia alla decisione di effettuare il sequestro di Vallarino Gancia, sia a tutto ciò che lo ha riguardato», ha fatto sapere Curcio tramite il suo legale. Poi ha sottolineato che «restano senza risposta due domande» sulla morte della moglie Mara Cagol: «Chi realmente ha premuto il grilletto? Era necessario? Non ho voluto fino a oggi sollevare queste tristissime domande, né l’avrei fatto se questa strana comunicazione che mi è stata notificata il 14 febbraio del 2023 in cui leggo di ‘essere indagato’ non me le avesse strappate dal cuore riportandole - è sbottato Curcio - in qualche modo allo scoperto». 

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