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Migranti e navi bloccate: la fine delle Ong senza soldi

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Giada Oricchio
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Freno Ue sull’immigrazione e Ong all’àncora. Secondo quanto riferisce oggi il quotidiano “La Repubblica”, i viaggi più lunghi per raggiungere i porti sicuri assegnati di volta in volta dal governo italiano stanno costringendo le navi di soccorso in mare ad alzare bandiera bianca. Le tratte a lunga percorrenza richiedono maggiori risorse economiche - anche a causa dell’aumento del prezzo del carburante - e i costi diventano insostenibili.

Così Geo Barents e Ocean Viking, dopo tre viaggi, stanno esaurendo le risorse. Ferme la spagnola Open Arms e l’italiana Mare Jonio oltre alla nave di Amnesty international, alle tedesche, Sea eye, Mission Lifeline, Sos Humanity. La Sea Watch è partita ieri 26 gennaio “grazie allo sforzo dei sostenitori” come ha dichiarato il presidente della Ong Gordon Isler a La Repubblica, specificando: “Le altre cinque missioni pianificate per il 2023 non hanno ancora trovato finanziamenti”.

Nell’articolo si fa anche il punto della situazione sulle misure anti Ong volute del ministro degli Interno, Matteo Piantedosi: “Attende adesso la conversione in legge del suo provvedimento. E, nel frattempo, fa atterrare sul tavolo della trattativa europea sul nuovo Patto per l’asilo e l’immigrazione, la sua proposta per una terza via sui rimpatri, sulla scia di quella che sembra essere diventata la linea capace di catalizzare i consensi dei 27 Paesi Ue sotto la presidenza svedese. (…). A Stoccolma, alla prima riunione dei ministri dell’Interno europei, Piantedosi ha illustrato il suo progetto di "rimpatri forzati accompagnati": una terza via rispetto ai rimpatri forzati e ai rimpatri volontari assistiti di cui si occupa l’Oim ma in numeri tali che non riescono a incidere sul numero dei migranti irregolari che restano in Europa”.

I punti cardine dell’accordo sarebbero: rafforzamento dei confini, maggiori rimpatri e un’efficace solidarietà ai Paesi in difficoltà, come sottolineato in una lettera ai Capi di Stato Ue dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

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