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Messina Denaro, la frase prima dell'arresto. Chi era l'autista del boss

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Secondo gli inquirenti sapeva benissimo che quello che portava in giro in auto - e alla clinica di Palermo dove è stato arrestato - era Matteo Messina Denaro. Per questo Giovanni Luppino, fermato dopo aver accompagnato il boss a La Maddalena di Palermo a bordo della sua Fiat Bravo per effettuare un ciclo di chemioterapia, resta in carcere. Apparentemente un uomo insospettabile ma ora accusato di favoreggiamento con l’aggravante mafiosa. A lui era affidato l’incarico "assegnato a persone di massima fiducia, in grado di garantire segretezza, sicurezza ed affidabilità degli spostamenti" del super boss e proprio lui- secondo quanto emerge nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Fabio Pilato- sarebbe "custode di segreti e prove".

 

A Luppino il super boss avrebbe consegnato il suo sfogo prima di essere arrestato. "È finita", gli avrebbe detto Messina Denaro. Nelle tasche di Luppino "un coltello a serramanico della lunghezza di 18,5 cm e due cellulari posti in modalità aereo prima di essere spenti". L’autista del super boss "non si è avvalso della facoltà di non rispondere" ma "ha fornito la sua versione dei fatti palesemente inverosimile". Infatti Luppino - da quanto emerge dall’ordinanza- ha dichiarato "di ignorare la vera identità del Messina Denaro, specificando che, circa sei mesi addietro, il suo idraulico di fiducia, Andrea Bonafede, glielo aveva presentato indicandolo come un suo cognato, di nome Francesco. Dopo quel brevissimo incontro, durato appena una manciata di minuti, non lo aveva più visto né incrociato, fino alla mattina" del 16. gennaio "quando il tale Francesco, sedicente cognato di Andrea Bonafede, si era presentato all’alba (ore 5,45 del mattino) per chiedergli la cortesia di accompagnarlo a Palermo, dovendo sottoporsi a delle cure mediche in quanto malato di cancro". Favore che Luppino- secondo quanto avrebbe detto l’avvocato Giuseppe Ferro a LaPresse- ha accettato "per solidarietà umana".

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