Il pianto delle Ong: Italia ritiri il decreto. Gasparri le stronca: sono taxi del mare
Fanno fronte comune contro le norme che ostacolano il salvataggio in mare dei migranti e in un documento congiunto le Ong chiedono il «rispetto delle leggi internazionali del mare, i diritti umani e le normative europee». Nel mirino delle organizzazioni umanitarie il dl Ong del Governo italiano e il cosiddetto «codice di condotta» che le navi devono rispettare nel corso delle operazioni di salvataggio in mare, in vigore dalla mezzanotte tra il 2 e il 3 gennaio, dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. «Indipendentemente da cosa l’Italia stia facendo tramite un decreto, I Paesi membri devono rispettare la legge internazionale e la legge del mare», è la risposta della Commissione europea attraverso le parole di Anitta Hipper: «Salvare vite in mare è un obbligo morale e legale».
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Eppure nemmeno l’Europa ’si salva' dal dito puntato delle Ong. «Gli Stati membri dell’Europa, in particolare l’Italia, hanno tentato per anni di ostacolare attività civili di Sar attraverso la diffamazione, le vessazioni amministrative e la criminalizzazione delle Ong e attivisti». Chiedono una risposta forte a Bruxelles e al Parlamento italiano affinché il dl sia ritirato, richiesta rivolta anche all’Esecutivo italiano. «Sollecitiamo l’Italia: ritiri immediatamente il decreto legge appena emanato. Chiediamo anche a tutti i membri del Parlamento italiano di opporsi al decreto», chiedono le organizzazioni umanitarie. Rivendicano, nel documento, un ruolo delle Ong che dal 2014, con le loro «navi di soccorso civile stanno colmando il vuoto che gli Stati europei hanno deliberatamente lasciato dopo aver interrotto le loro operazioni Sar guidate dallo Stato». Una «lacuna» da colmare per fermare l’emorragia di morti in mare.
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Poi l’affondo al dl Ong: «Il governo italiano ha introdotto un insieme di regole per navi civili Sar, che ostacolano le operazioni di soccorso e mettono le persone salvate in mare ulteriormente a rischio». Anche la norma che impone alle navi di dirigersi «immediatamente» verso l’Italia, dopo ogni salvataggio, è causa di «ulteriori ritardi nelle operazioni» perché è sempre più frequente che le imbarcazioni effettuino «più salvataggi nel corso di diversi giorni». Una scelta che, dal loro punto di vista, «contraddice quanto previsto dall’Unclos», e cioè il diritto del mare. Allo stesso modo, la situazione per le operazioni di salvataggio viene resa più complicata «dalla recente politica di assegnazione del Governo italiano di ’porti lontani', che possono essere fino a quattro giorni di navigazione di una nave».
Altro tasto dolente «l’obbligo di raccogliere a bordo i dati dei naufraghi» in merito alla richiesta di asilo e «di condividere le infomazioni con le autorità». Ma in realtà, ribattono le ong, «è dovere degli Stati avviare questo processo: le richieste di asilo dovrebbero essere trattate solo sulla terraferma, dopo sbarco in un luogo sicuro, e solo una volta soddisfatte le necessità immediate, come di recente chiarito dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr)».
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Recriminazioni stroncate in toto dal centrodestra. «La nota congiunta delle Ong va respinta al mittente. Le nuove norme in vigore in Italia devono essere applicate con rapidità, decisione e fermezza. I ’taxi del mare', che aiutano i trafficanti di persone, devono essere messi in condizione di non proseguire più un’attività che approfitta della disperazione dell’Africa», afferma il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (FI).