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Covid, Massimo Galli torna alla carica: a valanga su lockdown, Cina e no vax

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Con la pandemia di Covid riesplosa in Cina che minaccia di diffondersi nuovamente in tutto il mondo che a fatica e dopo anni era riuscito a contenerne gli effetti, si rivedono virologi e infettivologi in tv. È il caso di Massimo Galli, giù primario del Sacco di Milano, che è intervenuto giovedì 29 dicembre a Tagadà, su La7. La situazione odierna presenta "strane risonane con il febbraio del 2020" visto che la bomba virale può arrivare dalla Cina. Ma oggi "è profondamente diversa per l'Europa, l'Italia ma anche per gli Usa" spiega l'infettivologo che ricorda come "50 milioni di italiani hanno fatto il ciclo completo di vaccinazione e 20-30 milioni hanno avuto l'infezione, lo stato immunitario è incommensurabilmente migliore del 2020".

 

Insomma, nel 2020 "toccava chiudere tutto, poi le cose sono andate male perché si è aperto troppo presto e male" afferma il prof, da sempre considerato un "rigorista" del lockdown. Il metodo cinese ha fallito e ora è di nuovo un problema globale. "I cinesi hanno impiegato tre anni per una chiusura totale e non hanno vaccinato a tappeto come noi, e con vaccini efficaci: i loro funzionano malissimo" e Pechino non lo ha "accettato".  Nel frattempo il virus è mutato parecchio. "In un paese poco o mal vaccinato e in cui l'infezione dilaga è probabile che si verificheranno nuove mutazioni" ma "non mi aspetto una variante Terminator", afferma Galli. Il concetto di fondo è che illudersi che il covid zero poteva bloccare il virus "era una pia illusione". 

 

"Ora succede quello che temevo, c'è un inizio di pandemia ma c'è la difesa della campagna vaccinale" spiega Galli che respinge le critiche che lo vogliono, in passato, sostenitore del "modello cinese". "Sfido tutti a trovare una citazione in cui ho dato apprezzamento al modello cinese. Tutti i virologi hanno sostenuto che il modo per contenere l'epidemia era il bilanciamento tra chiusure" e leve sanitarie come vaccini, tamponi e via dicendo rivendica. Mentre rispuntano sui social alcune vecchia affermazioni, come quella rilasciata a Sky Tg 24 il 25 febbraio 2021: "Il sistema a colori evidentemente non ce l'ha fatta. In questo momento io sarei per identificare i luoghi maggiormente colpiti soprattutto da varianti, chiudere per un periodo più o meno breve quei luoghi e vaccinare a tappeto in quei luoghi, dopo aver fatto, sempre a tappeto, test per vedere in che condizioni sono i cittadini (...). Possibilmente farei qualcosa di simile anche nei luoghi geograficamente vicini a quelli colpiti. Non è facile, è un sistema un po' cinese, più o meno è stato fatto così in Cina, però funziona e funziona di più delle chiusure indifferenziate, anche parziali, che a quanto pare non risolvono il problema. Poi è evidente che tutti devono essere prudenti: se viene detto in un Dpcm che una cosa può essere fatta, non bisogna fiondarsi a farla tutti insieme". Tuttavia nell'aprile di quest'anno Galli aveva condannato la linea dura di Pechino: "Nessuna giustificazione per interventi da lager che sono anche tecnicamente sbagliati". Nel corso della trasmissione Galli è tornato all'attacco sulla reintegrazione dei medici no vax definita "deleteria". 

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