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Un sommergibile seguiva Open Arms. Il giallo dei documenti spariti nel processo

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«Nella valutazione dell'operato del ministro dell'Interno e dell'Ong è sempre mancato un tassello. Nel pesare le responsabilità è mancata l'analisi delle violazioni da parte dell'Ong che sono contenute in un'informativa che si sa esistere ma che ancora non è agli atti, un'informativa fantasma che noi vogliamo vedere». L'avvocato Giulia Bongiorno non usa mezzi termini a conclusione dell'udienza del processo Open Arms che si è celebrata nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo e che vede imputato per sequestro di persona l'ex ministro dell'Interno, oggi titolare del dicastero dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini.

 

«Questo materiale è stato finalmente acquisito al suo interno ci sono intercettazioni telefoniche fra un personaggio delle Ong e un altro personaggio "vicino", "in zona" che ci porta a pensare che sia veramente importante approfondire questo aspetto» ha ribadito l'avvocato Bongiorno. L'udienza si è aperta con la richiesta della difesa, accolta dal collegio presieduto da Roberto Murgia, di acquisire tutta la documentazione audio e video di un sottomarino italiano che, nell'agosto 2019, era nella zona dove la Ong stava effettuando un intervento su un barcone partito dalla Libia. Documenti fondamentali, secondo l'avvocato Bongiorno, che accenderebbero una nuova luce sulla vicenda e sulla condotta della Open Arms. Si tratta di materiale che mai era stato messo agli atti e che il Tar nel decidere sulla sospensione del divieto di sbarco, il Senato quando fu chiamato a esprimersi sull'eventuale processo a carico di Salvini e il gup nel rinvio a giudizio non avevano visionato. L'attuale vicepremier e Ministro si è detto «sconcertato».

 

A proposito di questa documentazione, la difesa di Salvini ha rilevato che era stata trasmessa per conoscenza a diverse procure siciliane tra cuiAgrigento e Palermo. Dunque tutti sapevano dell'informativa fantasma tranne Salvini. Questa la tesi della difesa ieri in aula prima che iniziassero gli esami di due testimoni fondamentali, gli ex ministri Elisabetta Trenta (Difesa) e Danilo Toninelli (Infrastrutture) del governo Conte 1.

Entrambi hanno ribadito con chiarezza che il divieto di sbarco fu una decisione dell'allora capo del Viminale Salvini e che in quel periodo i rapporti all'interno del governo erano già talmente logori che il leader leghista non rispondeva nemmeno al telefono ai due colleghi dei 5Stelle. «Controfirmai il primo divieto di sbarco come era prassi fare, fidandomi del lavoro del ministro dell'Interno - ha detto in aula l'ex ministro Trenta - Ma dopo la sospensione del Tar non firmai il secondo perché a mio avviso non erano cambiate le condizioni per cui era stato sospeso il primo e anzi la situazione a bordo era peggiorata. Fu una notte lunghissima, ma alla fine decisi in autonomia di non controfirmarlo». Ma la ministra della Difesa ha ammesso di non essere neppure a conoscenza dell'attività di un sommergibile italiano in quella zona.

 

«Non ero a conoscenza di questi documenti sull'attività di un sommergibile della Marina militare. Ma io non ero nella linea di decisione rispetto alla opportunità di emettere il secondo decreto». «Un decreto di quel genere aveva bisogno di velocità- ha sottolineato- perché bisognava impedire a una nave di entrare: nel momento in cui il ministro dell'Interno Matteo Salvini avesse ritenuto che per motivi di sicurezza non fosse stato opportuno fare entrare una nave in porto, una verifica fatta da un altro ministro in un secondo momento avrebbe creato dei problemi. Quindi, non era proprio nelle mie competenze - ha ribadito - e comunque non era a conoscenza di questa attività». L'ex ministro Danilo Toninelli ha invece attaccato duramente Giulia Bongiorno. «Il consiglio dei ministri non ha affrontato l'argomento degli sbarchi e dei ricollocamenti. Falso quanto ha detto l'ex collega Bongiorno. All'ordine del giorno non fu mai posto il tema. Dura la replica di Matteo Salvini: «Sarebbe gravissimo se qualcuno avesse nascosto, omesso o dimenticato documenti rilevanti da parte di organi dello Stato. Se ci sono pezzi di Stato che dimenticano o nascondono interventi di altri pezzi di Stato, per danneggiare oggi Salvini domani chissà, vuol dire che c'è qualcosa che non funziona». 

G. D. C.

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