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Open Arms, il giallo dell'informativa in mano a 8 procure e mai arrivata ai legali di Salvini

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Quella di oggi, 2 dicembre, potrebbe rivelarsi un'udienza fondamentale nel processo Open Arms di Palermo che vede imputato l'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini. Diventa centrale la vicenda del sottomarino italiano di cui si è parlato nell’Aula Bunker dell’Ucciardone, che aveva ripreso la nave della Ong prima e durante il soccorso dei migranti a bordo di un barcone.  In realtà, si scopre solo adesso, il fatto era emerso già nella precedente udienza del processo Open Arms grazie alle dichiarazioni del dirigente del Viminale Fabrizio Mancini. E' quanto si apprende da fonti vicine alla Lega.

 

 

Il dirigente del ministero dell'Interno - spiegano sempre le stesse fonti- aveva confermato la presenza del sommergibile Venuti della Marina. "Il primo agosto 2019 l’unità subacquea aveva ripreso, fotografato e registrato OpenArms e il barcone carico di 50 migranti. Parole - quelle di Mancini - che avevano fatto attivare la procura, con tanto di richiesta ufficiale alla Marina: esiste un’informativa? Se sì, perché non è stata trasmessa?. Risposta: esiste ed è stata trasmessa". Significa che in quell’agosto 2019 c’erano dei sospetti sull’attività della ong, informazione che però non era arrivata sul tavolo del Tar che poco dopo aveva deciso di bocciare il provvedimento dell’allora ministro dell'Interno Salvini che vietava l’ingresso della nave in acque territoriali italiane.

 


Il Tar aveva ritenuto non ci fossero ombre sulla condotta della ong. Avrebbe preso la stessa decisione se avesse saputo dell'esistenza dell'informativa? Dal documento, infatti, emerge che due persone, di cui una “probabilmente a bordo” della Open Arms, parlavano in spagnolo e verosimilmente si trovavano a poca distanza l’una dall’altra. L'informativa rivela che dopo questo dialogo la Open Arms aveva cambiato rotta senza motivo apparente: si era avvicinata al punto esatto dove era presente un barchino con dei migranti. 

 

 

Secondo la difesa di Salvini, rappresentata dall’avvocato Giulia Bongiorno, il materiale potrebbe provare la presenza di scafisti e di comunicazioni rilevanti con la ong. Il materiale è rimasto chiuso in qualche cassetto nonostante fosse stato segnalato (come è risultato da successivi approfondimenti) alle procure di Catania, Siracusa, Ragusa, Messina, Palermo, Agrigento, Sciacca e Roma. Eppure, né il Tar, né la difesa né il Parlamento - che poi decise di mandare a processo Salvini - né il gup hanno potuto visionare e conoscere un materiale così rilevante e che può riscrivere la storia di un processo dove l’allora ministro dell’Interno rischia fino a 15 anni di carcere.

 

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