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Pure il pane ha costi proibitivi: +18%, stangata da 900 milioni sulle famiglie

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Il bene primario degli italiani sta diventando inavvicinabile: dal grano al pane i prezzi aumentano più di dieci volte a causa dei rincari record di energia, mangimi e fertilizzanti alle stelle per colpa della guerra in Ucraina e delle distorsioni all’interno delle filiere che impoveriscono le tasche dei cittadini e danneggiano gli agricoltori. A denunciarlo è la Coldiretti dopo l’analisi Eurostat secondo cui il costo del pane non è mai stato così alto nell’Ue, cresciuto ad agosto mediamente dell’Unione del 18% rispetto allo stesso mese del 2021. Il risultato è che in Italia le famiglie spenderanno nel 2022 oltre 900 milioni di euro in più rispetto all’anno precedente per il prodotto più presente sulle tavole, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat dell’inflazione ad agosto. Un chilo di grano viene pagato oggi agli agricoltori intorno ai 36 centesimi e serve per produrre un chilo di pane che viene venduto a consumatori a prezzi che variano dai 3 ai 5 euro a seconda delle città.

 

 

L’incidenza del costo del grano sul prezzo del pane resta dunque marginale pari a circa il 10% in media, come dimostra anche l’estrema variabilità delle quotazioni al dettaglio lungo la Penisola mentre quelli del grano sono influenzati direttamente dalle quotazioni internazionali Se a Milano una pagnotta da un chilo costa 4,46 euro, a Roma si viaggia sui 2,92 euro, a Bologna siamo a 4,91 euro, a mentre a Palermo costa in media 3,89 euro al chilo, a Napoli 2,16 euro, secondo elaborazioni Coldiretti su dati dell’Osservatorio prezzi del ministero dello Sviluppo economico a luglio. Peraltro i prezzi al consumo non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del grano, che per lungo tempo sono state al di sotto dei costi di produzione. Nonostante il crollo dei raccolti fino al -30% abbia limitato la disponibilità di prodotto in Italia, il grano viene, infatti, in questo momento sottopagato agli agricoltori.

 

 

La guerra ha dunque moltiplicato manovre speculative e pratiche sleali sui prodotti alimentari, che vanno dai tentativi di ridurre la qualità dei prodotti offerti sugli scaffali alle etichette ingannevoli fino al taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori, aggravando una situazione che vede il nostro Paese dipendente dalle importazioni straniere già per il 64% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci. 

 

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