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La Sinistra litiga pure sulla morte di Gorbaciov. Lite tra comunisti

Pietro De Leo
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Fermi tutti, fermiamo la campagna elettorale. Per il gas? Ma no, perché c'è il congresso dei comunisti. Sì. Virtualmente attorno alle spoglie di Michail Gorbaciov si è innescata l'ennesima fase di autocoscienza che chiama nostalgici, reduci, teorici degli anni che furono alla disamina sulle colpe e il profilo dell'ultimo leader sovietico. E così l'attenzione del web vien subito catturata dal tweet di Marco Rizzo, leader del «Partito Comunista», il quale ben consapevole che un contenuto quanto più è dirompente, tanto più diventa virale, la prende con delicatezza e posta la foto di una bottiglia di champagne con il tappo che salta.  «Era dal 26 dicembre 1991 che avevo aspettato di stappare la migliore bottiglia che avevo», scrive l'ex parlamentare. Il riferimento è alla data in cui il Soviet Supremo, a seguito delle dimissioni di Gorbaciov da Presidente, dissolse l'Unione Sovietica.

 

Una posizione, quella di Rizzo, che ha suscitato qui e là indignazione, e che poi lui, forse un po' in correzione di rotta, ha definito una «provocazione voluta, quasi di tipo dadaista». Tra le critiche, tuttavia, si segnala quella di Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione Comunista. In un lungo testo pubblicato su Facebook, dedica a Rizzo il post scriptum, definendolo «caricatura di "comunista" horror che piace ai salotti che frequenta e gli garantiscono visibilità in tv. Uno che ha sostenuto il governo che bombardava la Serbia e si congratulava con Prodi per l'ingresso nell'Euro, poi No Nato, No euro per fessi che abboccano». Comunque, nel resto del suo commiato.

 

Acerbo osserva: «L'Occidente si spertica in omaggi ipocriti a Gorbaciov però lo ha tradito con l'espansione della Nato a Est e la serie infinita di guerre con cui gli Stati Uniti hanno affermato il loro dominio unipolare».

Invece difende Marco Rizzo il «suo» senatore uscente, Emanuele Dessì, ex Movimento 5 Stelle, che derubrica il tweet a «regolamento di conti tra noi comunisti». E poi argomenta: «Oggi c'è una guerra che è anche frutto degli errori e della incapacità politica di Gorbaciov, della sua incapacità di affrontare la realtà dell'Unione Sovietica. Gorbaciov ha svenduto i valori del socialismo». E si affida ad una citazione eloquente il «Partito Comunista Italiano» che nel suo profilo Facebook, riporta le parole dell'attuale segretario dei comunisti della federazione russa, Ghennadij Zjuganov: «L'ascesa al potere di Gorbaciov segnò l'inizio della distruzione dell'Unione Sovietica. Col pretesto di Slogan su accelerazione, perestrojka e glasnost, i nuovi governanti iniziarono a distruggere metodicamente tutti i pilastri chiave del sistema socialista, dall'economia all'ideologia. Tale processo culminò nella tragedia del 1991».

 

All'Adnkronos, invece, Mario Capanna, già deputato e segretario di Democrazia Proletaria, esprime il suo «sentimento di grande dispiacere» per la scomparsa di Gorbaciov, che definisce «personalità di primo piano anche per la coerenza dimostrata. Dopo il crollo dell'Urss Gorbaciov crea una sua fondazione che si batte per i temi ambientali, per il disarmo e contro i cambiamenti climatici. Ha commesso però un errore fondamentale: non la Perestroika, la Glasnost, cose giuste, ma di fidarsi della buona fede, presunta, dell'Occidente».

E poi Fausto Bertinotti. Già Segretario di Rifondazione Comunista e Presidente della Camera, oltreché fine e dotto interprete dei cambiamenti epocali con una chiave di lettura ben precisa, ragiona: «Quella di Gorbaciov è una figura tragica, che ha vissuto in un tempo e con una scelta politico strategica impossibile», ossia la «riforma del sistema del Socialismo reale. Il sistema era irriformabile, come dimostrò poi la sua caduta». Dunque, tra l'irruenza di Rizzo e il ragionamento articolato di Bertinotti, emerge la complessità di un'analisi storica con cui la sinistra non solo comunista in realtà - ancora deve compiutamente fare i conti. 

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