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West Nile, crescono i casi in Italia. Il report preoccupante: "Alto tasso di mortalità"

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Crescono i casi di West Nile in Italia, dove nell'ultima settimana sono stati accertati 71 contagi. E preoccupa l'alto tasso di mortalità, che raggiunge il 5%.

Dall'inizio di giugno, si legge nel report dell'Istituto superiore di sanità, in Italia sono stati confermati 301 casi di infezione, tutti al Nord, eccetto uno in Sardegna. Quindici i decessi da giugno: nove in Veneto, tre in Piemonte, uno in Lombardia e due in Emilia-Romagna.

Tra le infezioni accertate, 160 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva (19 Piemonte, 8 Lombardia, 85 Veneto, 7 Friuli-Venezia Giulia, 37 Emilia-Romagna, 3 Toscana, 1 Sardegna), 45 casi identificati in donatori di sangue (5 Piemonte, 6 Lombardia, 23 Veneto, 11 Emilia-Romagna), 93 casi di febbre (1 Piemonte, 3 Lombardia, 84 Veneto, 3 Friuli-Venezia Giulia, 2 Emilia-Romagna) e 3 casi sintomatici (3 Veneto).

La malattia è provocata da un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, appunto nel distretto West Nile, da cui prende il nome.

Il primo caso di quest'anno, in Italia, è stato segnalato in provincia di Padova, tutt'ora una delle più colpite del Paese.

I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare, le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo.

Il periodo di incubazione, dal momento della puntura della zanzara infetta, varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario. La febbre West Nile non si trasmette tramite il contatto con una persona malata.

La maggior parte dei contagiati non mostra alcun sintomo. Quando presenti, febbre, mal di testa, nausea, vomito o sfoghi cutanei, variano molto, anche a seconda dell’età della persona.

Contro la malattia non esiste una terapia specifica: nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita.

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