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Il vaiolo delle scimmie fa paura. L'esperto: "Al rientro delle vacanze i casi aumenteranno"

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Non solo il Covid da monitorare, ora il nuovo allarme sanitario nel mondo riguarda il vaiolo delle scimmie. Anche in Italia. «Credo che le prossime settimane siano il momento che tutti stanno aspettando come reale verifica di quel che sta succedendo» sul fronte del contagio Monkeypox. «Ora le città si sono svuotate e anche il numero diagnosi è diminuito. Ma dalla settimana prossima, con i maxi rientri dalle vacanze, potrebbe esserci un forte aumento dei nuovi casi. Pertanto, come servizi sanitari territoriali l’allerta è sicuramente molto alta». A spiegarlo è Daniele Calzavara, di Milano Check Point, componente della Task force regionale sul vaiolo delle scimmie.

 

«Credo sia importante che in questa fase vengano incrementati il più possibile i test» per la diagnosi di Monkeypox «perché questo ci permette di isolare i positivi e di provare a contenere un’infezione che altrimenti continua a diffondersi - evidenzia Calzavara all’Adnkronos  - tra i nostri utenti credo che ormai siano almeno una trentina ad aver avuto il virus su un totale di circa 700. Nell’ultima settimana prima della chiusura estiva circa un paio di persone al giorno avevano l’infezione o un sospetto. I casi erano in aumento, e per questo sono preoccupato per quello che potrebbe succedere nelle prossime settimane. In questi giorni c’erano di nuovo eventi di grande richiamo, per esempio a Barcellona in Spagna, che concentrano migliaia di persone da tutta Europa ai party, e la possibilità di incontrare il virus in questi contesti è molto alta».

L’invito degli operatori è sempre lo stesso: «Ai nostri utenti abbiamo suggerito di essere responsabili, se possibile evitare luoghi d’incontro dove si fa sesso, come cruising o saune, perché sono a maggior rischio. Al primo sintomo meglio fare un controllo, e se emerge la positività a Monkeypox isolarsi e avvisare i partner».

Dal punto di vista comunicativo, prosegue, «con la Regione Lombardia stiamo ora ragionando su campagne mirate alla popolazione target», quella oggi più colpita dal virus, «e anche campagne informative dirette alla popolazione generale. Perché dal punto di vista epidemiologico sarebbe stupido non vedere quello che succede in questo momento. Anche se, d’altra parte, in altri Stati si vede che l’epidemia sta cominciando a spostarsi dalla comunità Lgbt e a colpire anche altre persone. Ricordiamo infatti che questo non è un vero e proprio virus a trasmissione sessuale, ma da contatto. Il sesso è sicuramente una modalità di contatto, ma il contagio può avvenire anche in altro modo».

A Milano, ricorda Calzavara, «abbiamo cominciato a vedere i primi casi di Monkeypox tra i nostri utenti già ai primi di giugno - racconta - Erano persone che erano state alle Canarie o a Mykonos», dove si concentravano all’inizio i contagi, «poi abbiamo cominciato a vedere persone positive che non avevano fatto viaggi all’estero e sicuramente avevano acquisito il virus in Italia. Ora sempre di più succede che persone seguite da noi abbiano avuto l’infezione o conoscano qualcuno che l’ha avuta. E vale anche per noi operatori».

 

Il virus nelle ultime settimane prima delle chiusure agostane aveva cominciato ad aumentare il ritmo di diffusione, spiega Calzavara. «Noi abbiamo cominciato a fare attività di informazione dalla seconda metà di giugno verso tutti coloro che venivano per la visita di controllo. Abbiamo preparato del materiale informativo che è stato distribuito in primo luogo durante il Milano Pride del 2 luglio, nell’ambito del quale abbiamo organizzato anche un talk con un infettivologo per dare informazioni in una fase in cui si sapeva molto meno di adesso sul 
vaiolo delle scimmie».

Le associazioni spingono per aumentare l’attenzione e i test perché temono che ci sia stata finora una sottodiagnosi, evidenzia l’esperto. «Il primo caso che abbiamo visto è stato quello di un ragazzo che aveva bruttissime lesioni intime. Aveva immaginato qualcosa ed era venuto per farsi vedere dal medico. In un altro paio di casi, invece, ci è successo di trovare persone venute a fare il test perché pensavano di avere la sifilide, ma risultate negative. Avendo lesioni un po' strane, sono state mandate a fare controlli in ospedale e hanno scoperto così la positività al vaiolo delle scimmie». È facile dunque che specie nella prima fase l’infezione non venga subito riconosciuta.

«È importante ampliare i test - incalza - A parte le persone con sintomi evidenti, nella maggior parte dei casi chi ha avuto contatti con positivi si auto-isola e basta. Un timore che ho è rispetto a possibili contagi al di fuori degli uomini che fanno sesso con uomini. Già è successo con loro che l’infezione venisse scambiata per esempio per una semplice tonsillite. Un ragazzo è stato ricoverato con questo sospetto e poi, dopo le dimissioni, a distanza di qualche giorno sono comparse le stesse lesioni che aveva in gola anche sul resto del corpo e si è capito che era Monkeypox. Mi preoccupa che questo succeda ancor di più se a presentarsi al pronto soccorso è una donna o un bambino, cioè che si pensi e si indaghi qualunque causa ma non monkeypox, e la persona non venga isolata e trattata e che il virus possa continuare a diffondersi. È una sorta di stigma al contrario che non porta effetti buoni neanche in questo caso».

La comunicazione, le attività di sensibilizzazione sono «cruciali» e su questo, conclude Calzavara, «devo dire che, al netto di alcuni episodi iniziali e hashtag stupidi, la gestione di questi aspetti mi sembra stia andando bene, sia sul fronte dell’impegno messo in campo da autorità internazionali come l’Oms e il centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), che sul versante nazionale».

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