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Servizi segreti del mondo in missione in Italia. Vogliono capire il fenomeno Giorgia Meloni

Luigi Bisignani
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Caro direttore, missione «ritorno al futuro». All’estero, Giorgia premier non lascia indifferenti: entusiasma, inquieta, incuriosisce. Per questo le più influenti intelligence - dalla Cia americana all’inglese MI6 fino alla SIAZ, la struttura dei servizi russi che risponde direttamente al presidente Putin e perfino i cinesi del Guojia - sono in Italia in «visita turistica», in attesa delle elezioni politiche che in prospettiva potrebbero anche terremotare il placido Quirinale di Sergio Mattarella.

L’obiettivo è monitorare innanzitutto Fratelli d’Italia e quei partiti e quei candidati che gravitano nelle zone sensibili dove sono presenti le basi Nato, da Aviano a Sigonella, o nelle piattaforme di trasmissione dati di Tim Sparkle di Catania e di Crotone.

 

Ma ad analizzare gli orientamenti per capire lo scenario in Italia dopo il 25 settembre ci sono anche i cosiddetti «Centri per le strategie preliminari», la cui esistenza è nota solo a pochi, e che Cossiga non esisterebbe a definirli la versione «millennial» della nostra Gladio, l’organizzazione paramilitare clandestina aderente a «Stay behind», messa su negli anni ’50 per prevenire eventuali attacchi sovietici. Si tratta di strutture ascose, sovranazionali e presenti in città strategiche del mondo, tra cui Washington, Mosca, Pechino, Gerusalemme, Teheran, Edimburgo, Berlino. I nostri Servizi, dal Dis all’Aise, da anni cercano di saperne di più.

 

All’interno di queste unità, personale altamente qualificato (militari, scienziati, economisti, politologi, religiosi, imprenditori, informatici, ecc.) raccoglie informazioni, le analizza e stila strategie per i governi, in stretto coordinamento con vari deep state, grazie anche all’utilizzo di tecnologia avanzata, con potenti server forse già in parte beneficiati dai traguardi della ricerca quantistica.

Le loro analisi certificano un sistema di gestione globale (finanziario, politico, sociale, tecnologico) al collasso, non più capace di produrre risultati, quindi da sostituire con un vero e proprio cambio totale di paradigma. Ma come e a quale prezzo? Gli ingredienti sembrano quelli delle teorie definite complottiste: nelle visioni finora trapelate, ancora molto teoriche, si dice infatti che bisogna rompere le regole del «contratto», creando degli «stati di emergenza». Ed ecco che, in uno scenario distopico, pandemie, carestie e guerre possono diventare le cause migliori per orchestrare manovre «speciali». Già Karl Schwab, patron del forum economico di Davos, come anche il principe Carlo d’Inghilterra, tra gli altri, hanno parlato del «Great reset» e di come realizzarlo attraverso una nuova infrastruttura globale politica, economica, sociale, tecnologica, persino religiosa. Le analisi descrivono la creazione di una piattaforma unica di Stati democratici occidentali (Usa, Europa, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone e di tutti quelli che vi vorranno aderire) con una sola governance compatta a dettare la linea.

 

Senza farneticare, già Papa Bergoglio, nell’enciclica «Laudato sí», evidenzia che «è arrivato il momento di costituire un organismo globale che abbia potere economico e politico sui singoli Stati». Sempre Francesco ha parlato della proprietà privata come di un bene non più indispensabile e ha auspicato un reddito universale per tutti gli abitanti della terra. E ancora: togliere il cash per combattere l’evasione fiscale, il terrorismo e la criminalità e rendere tutto digitale; sì a una valuta digitale unica con cui controllare tutto e tutti e contribuire al progetto di globalizzazione e interconnessione. Le criptovalute private saranno bandite come già stanno facendo alcuni Stati, Cina in testa, dove si ritiene più funzionale controllare e contribuire al processo di globalizzazione, rendendo tutto e tutti interconnessi, manipolabili e orientati dagli algoritmi.

Del resto, come si è visto su Raiuno, nel servizio dalla Cina di Marco Clementi per l’innovativa trasmissione «Codice», le prove generali sono già in corso nella città di Chongqing. D’altro canto, Microsoft ha già preparato la sua valuta digitale così come Amazon, che tra l’altro, con il recente acquisto del robot per le pulizie domestiche Rumba, acquisirà anche le mappe delle nostre case e accelererà i pagamenti biometrici con la semplice scansione del palmo della mano. Con buona pace della nostra privacy. 

 

Mario Draghi è ancora considerato il diligente esecutore di questa agenda e il Pd il partito prescelto per eseguire il programma in Italia ma, a parte il Governatore Bonaccini in Emilia-Romagna con il suo Tecnopolo che ospita il Supercomputer europeo, il Nazareno di Enrico Letta naviga nell’inconsapevolezza più totale. Ormai i singoli Paesi contano sempre di meno, non hanno futuro, così come la politica parlamentare: si segue solo un’agenda sovranazionale, cioè globale, come quella Onu 2030.

Ma se in Italia dovesse vincere la destra, come riuscirà questo nuovo sistema orwelliano a rimanere a galla? Una cosa è certa: questa volta, per dirla con Sorrentino, ci vorrà davvero la «mano di Dio» per sistemare le cose. E il piccolo mondo antico italiano, con le sue camarille, appare sempre più anacronistico e, nonostante Super Mario Draghi, ancora non si riesce neppure a fare una rete unica. Se il possibile non lo stiamo facendo, almeno per i miracoli di solito sappiamo attrezzarci

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