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Crisi energetica e guerra Russia-Ucraina, addio al sogno di Greta. Il mondo torna al petrolio

Gianluca Zapponini
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Greta Thunberg può stare serena, il petrolio non se ne andrà tanto facilmente. E non è certo colpa di qualche incantesimo o sortilegio contro i «Friday for climate» lanciati dalla giovane ambientalista svedese. Semmai, dal mercato, quello sì. Il gas costa e il prezzo almeno per il momento, al netto degli interventi di sterilizzazione delle accise dei vari governi, rimane decisamente alto. Il petrolio invece no, lentamente sta ripiegando. Tutto questo ha causato un aumento del consumo di greggio per la produzione di elettricità in Europa e Medio Oriente, rimettendo l'oro nero al centro del villaggio, nonostante la transizione energetica sia ormai parte dei nostri dizionari. Il dato arriva dall'Agenzia internazionale per l'energia (Aie), la quale ha rivisto al rialzo delle stime sulla domanda globale di petrolio, nonostante i segnali di un più ampio rallentamento economico. L'aumento della richiesta di greggio è stato calcolato di 380mila barili al giorno e dovrebbe attestarsi quest' anno a 2,1 milioni di barili al giorno, indica Aie nel suo rapporto mensile. D'altronde, i prezzi del petrolio sono scesi di 30 dollari rispetto ai massimi di giugno a causa dell'aumento dell'offerta e dei timori di una frenata della crescita globale. Al contrario, complice la guerra in Ucraina, i prezzi di gas ed elettricità sono balzati contemporaneamente a nuovi massimi, incoraggiando il passaggio dal gas al petrolio in alcuni paesi. «Con diverse regioni che stanno vivendo ondate di caldo torrido, gli ultimi dati confermano un aumento dell'uso del petrolio per generare elettricità, in particolare in Europa e Medio Oriente, ma anche in tutta l'Asia», osserva l'Aie. Questo cambio di combustibile «sta avvenendo anche nell'industria europea, comprese le raffinerie». L'offerta globale, da parte sua, ha raggiunto un picco post-pandemia di 100,5 mb/g a luglio con la fine di alcune operazioni di manutenzione nel Mare del Nord, in Canada e in Kazakistan. Anche l'Opec e i suoi alleati stanno aumentando marginalmente la loro produzione, mentre l'Aie ha rivisto al rialzo le sue proiezioni per la Russia «a causa dell'impatto limitato delle sanzioni americane ed europee finora». E poi c'è il fattore Russia: è vero che le esportazioni russe di greggio e prodotti petroliferi verso Europa, Stati Uniti, Giappone e Corea sono diminuite di quasi 2,2 milioni di barili al giorno dall'inizio della guerra in Ucraina, «ma il re-indirizzamento dei flussi verso paesi tra cui India, Cina e Turchia, insieme a la domanda interna russa stagionalmente più elevata ha attenuato le perdite», chiarisce l'agenzia. Insomma, più petrolio per tutti.

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