Papa Francesco presto in Ucraina e in Russia, tam tam in Vaticano. La svolta dopo il viaggio in Canada
Papa Francesco riceve l’ambasciatore di Kiev presso la santa Sede. Una mossa che molti osservatori vedono come un nuovo tassello nel mosaico diplomatico che Jorge Maria Bergoglio sta componendo in vista di un prossimo viaggio in Ucraina. Difficile immaginare che il Pontefice non abbia parlato del suo desiderio, tanto più che Andrii Yurash nei mesi scorsi è stati molto attivo, nelle udienze e sui social, per perorare la causa del suo Paese. Se lo sfondo è questo, chiaramente si va registrando un profondo movimento che ha come scopo quello di consentire a Bergoglio di recarsi a Kiev come a Mosca, secondo un auspicio espresso da tempo.
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Auspicio e desiderio talmente forti che l’8 luglio scorso il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, mons. Paul Richard Gallagher era arrivato a dire che una visita a Kiev avrebbe potuto realizzarsi entro la fine di agosto. «Il Papa è molto convinto che se lui potesse fare una visita potrebbe avere anche dei risultati positivi. Lui ha detto che andrà in Ucraina e lui si è sempre mostrato disponibile di visitare Mosca e di incontrare anche le autorità russe», aveva detto al Tg1 Gallagher.
Alla domanda se il viaggio potrebbe essere imminente, anche in agosto, Gallagher aveva risposto: «Possibilmente, non lo escluderei, però molto dipende dai risultati del viaggio in Canada, vediamo come il Papa resisterà a questo viaggio che è anche molto impegnativo e poi vediamo».
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Proprio la missione in Canada, per chiedere perdono agli indigeni per le vergogne passate della Chiesa, è andata talmente bene che è stato immediatamente previsto un altro viaggio, dall’altra parte del mondo. Dopo l’annuncio del suo viaggio in Kazkhstan previsto dal 13 al 15 settembre, in occasione del quale è stato detto in passato avrebbe potuto incontrarsi con il Patriarca della Chiesa ortodossa di Mosca Kirill, Francesco ha reso più evidente la sua attività nei confronti dei paesi protagonisti della guerra in Ucraina.
Il Pontefice ieri ha riconosciuto il martirio di padre Petro Paolo Oros, sacerdote appartenente all’Eparchia greco-cattolica di Mukaevo, in Ucraina, ucciso il 28 agosto 1953 dalle autorità comuniste a Siltse, nell’oblast di Zakarpattia, nell’allora Unione Sovietica. Un segnale chiarissimo, che sarà ancora più forte con la beatificazione del religioso, dell’attenzione verso una Chiesa più che di frontiera, in prima linea. La stessa chiesa che, lo scorso Venerdì Santo, aveva avuto da ridire sulla decisione papale di far reggere la Croce a due ragazze, l’una russa e l’altra ucraina. Ma da allora il lavoro diplomatico e non si è fatto più intenso, ed i frutti pare si possano scorgere.
Non è un caso che, sempre ieri, il Papa abbia compiuto un gesto formalmente ancora più forte, ricevendo in udienza il metropolita Antonij di Volokolamsk, che lo scorso giugno ha sostituito il metropolita Hilarion nella veste di presidente del Dipartimento degli Affari Esterni del Patriarcato moscovita. Hilarion aveva pagato sulla propria pelle le tensioni scatenate dal conflitto: in Svizzera gli fu tolta a marzo una cattedra universitaria perché ritenuto troppo vicino al Cremlino, e poi fu privato dell’incarico al Patriarcato da un Kirill che lo riteneva, al contrario, troppo morbido sulla questione ucraina.
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Su tutto poi pesa ancora l’incontro via Skype, poco riuscito, tra Bergoglio e lo stesso Kirill, cui il Pontefice rinfacciò la necessità di non essere «chierichetti di stato». Parole non molto gradite. Adesso si preferisce ricordare che successivamente, il 25 aprile, Francesco aveva inviato al Patriarca Kirill una lettera di auguri in occasione della Pasqua delle Chiese cattoliche e ortodosse che seguono il calendario giuliano. «Possa lo Spirito Santo - scriveva il Papa in un passaggio della lettera - trasformare i nostri cuori e renderci veri operatori di pace, specialmente per l’Ucraina dilaniata dalla guerra», mentre «sentiamo tutto il peso della sofferenza della nostra famiglia umana, schiacciata dalla violenza, dalla guerra e da tante ingiustizie». La via per Kiev potrebbe quindi passare per il Kazakhstan. In fondo, anche quella è una repubblica ex sovietica.