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Bimba morta a Milano, la verità negli esami tossicologici. Dall'autopsia ancora nessuna risposta

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Per fare chiarezza sulla morte di Diana, la bimba di 18 mesi trovata senza vita a Milano, bisognerà attendere altri esami. Secondo i primi risultati dell'autopsia, eseguita questa mattina all'istituto di Medicina Legale di Milano dal professor Andrea Gentilomo, non c'è "nessuna evidente causa della morte".  Sul corpo della piccola - lasciata sola dalla madre per 6 giorni con alcuni biberon di latte e di acqua - non c'erano nemmeno "segni di violenza o percosse". Per questo l'ipotesi più probabile è che la piccola sia morta di stenti. 

Serviranno giorni, però, per avere i risultati degli accertamenti eseguiti questa mattina, tra cui l'esame dei tessuti e quello tossicologico. Solo questi dati permetteranno al medico legale di determinare con maggiore precisione le cause e il momento esatto della morte di Diana. Dalle prime osservazioni, tuttavia, la piccola potrebbe aver smesso di respirare almeno 24 ore prima rispetto al ritrovamento del suo corpo da parte della mamma, che è rientrata a casa mercoledì mattina intorno alle 10.30 dopo aver trascorso una settimana a Leffe (Bergamo) ospite del compagno. Per la Procura, comunque, il quadro probatorio a carico di Alessia Pifferi è solido. La donna, da mercoledì scorso nel carcere di san Vittore, è accusa di omicidio volontario pluriaggravato. Probabilmente nei prossimi mesi il procuratore aggiunto Laura Pedio e il pm Francesco De Tommaso arriveranno a formulare una richiesta di processo con rito immediato. 

Sempre nei prossimi giorni arriveranno le analisi sul latte ritrovato in uno dei biberon che la mamma aveva messo nel lettino da campeggio dove aveva adagiato la figlia, prima di uscire. Ad analizzare il contenuto è stata la polizia scientifica per capire se contenga tracce di tranquillanti. A casa di Alessia Pifferi, infatti, è stato trovato un flacone che riportava la scritta 'En', sigla di un farmaco a base di benzodiazepine. La donna, davanti agli investigatori della Squadra Mobile guidati da Marco Calì e al pm Francesco De Tommasi, ha spiegato che le aveva portate a casa sua un ex fidanzato, che gli investigatori tuttavia non sono riusciti a rintracciare. Il sospetto è che la donna somministrasse alla figlia il tranquillante disciolto nel latte per non farla agitare durante le sue assenze. Già in altre due occasioni, come ha raccontato dopo l'arresto davanti al gip, era andata dal compagno a Leffe per il fine settimana, lasciando la piccola a casa da sola. La bimba non piangeva e vicini non l'avevano mai contattata. Gli investigatori dovranno individuare pure se vi sia o meno il Dna della bimba sul beccuccio del biberon. 

Una vicenda che ha scosso l'opinione pubblica, tanto che in Procura a Milano stanno arrivando messaggi via mail per chiedere "giustizia" per la piccola Diana e una condanna severa per la madre Alessia Pifferi. Una condanna che potrebbe essere l'ergastolo. 

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