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Sul pagamento del gas in rubli la fine era nota a tutti, Paragone smaschera le ipocrisie dell'Europa

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Dopo diversi giorni a prendere per i fondelli le persone di buon senso, l’ipocrisia giunge al capolinea: chi vuole il gas russo lo può (versione europea), lo deve (versione russa) pagare in rubli. Putin ha imposto la propria linea perché sapeva che l’economia tedesca e pure quella italiana non potevano fare a meno dei rubinetti di Mosca. Quindi ha vinto.

L’Europa chiuderà un occhio accontentandosi di salvare la faccia con una intesa che accresce solo l’ipocrisia di una situazione dove la propaganda fa tana liberi tutti. Lo stratagemma legale che chiederanno a Bruxelles è una notifica a Gazprom affinché ogni obbligo contrattuale debba ritenersi assolto con il versamento in euro; quanto alla conversione della somma in rubli e l’effettivo accreditamento a Gazprom, chiuderanno un occhio. Come fanno i governi, quello di Roma in testa visto che tra i pagatori abbiamo aziende partecipate di Stato. 

 

Diversamente non si poteva fare, il percorso negoziale segnato dai russi era quello: o si staccava l’assegno con la moneta che volevano loro o loro staccavano il gas. 

Lo dissi in Senato pubblicamente in più occasioni: alla fine pagheremo in rubli come impone Putin, perché nei decenni con lo zar abbiamo fatto business. Parecchio. La Germania addirittura, per rafforzare l’intesa con il Cremlino, ha persino girato un ex Cancelliere - Schroeder - alla corte dei Padroni russi del gas con l’obiettivo di coprirsi le spalle. Tant’è che fecero il raddoppio del gasdotto al nord.

 

Morale della favola: l’intransigente Commissione europea, l’Europa dalla bocca larga, autorizza quel che la Germania aveva imposto con la schiettezza di sempre. Pertanto era chiaro a tutti come sarebbe finito il film. Anche a Draghi e compagnia (ministro Di Maio, eviti di scrivere tweet da duro, almeno evita figure barbine).

Se dunque la regola del pagamento in rubli diventerà operativa e dunque se Putin avrà dimostrato che è tutt’altro che debole, dobbiamo ammettere anche quel che non ci piace ammettere: la moneta russa gode di ottima salute e con le casse piene dei (nostri) pagamenti per le puntuali forniture di gas, la campagna militare andrà avanti. Capolavoro della ipocrisia: noi paghiamo in rubli il gas di cui non possiamo fare a meno (anche l’amministratore delegato di Banca Intesa, Carlo Messina, ha ammesso che senza l’energia russa sarebbe recessione) ma anche compriamo armi, da non si sa bene chi, da girare all’Ucraina per difendersi da Putin. 

 

A questo punto, e chiudo, vale la pena domandare a Zelensky se vuole ancora entrare in Europa oppure se farà direttamente domanda per annettere l’Ucraina agli Stati Uniti d’America. In fin dei conti sta già parlando per conto della Casa Bianca.

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