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Europa e Italia unite nelle restrizioni liberticide. Gianluigi Paragone si scaglia contro la follia green pass

Gianluigi Paragone
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Squillino le trombe e suonino i tromboni: la farsa del «basta con le restrizioni» ormai è fin troppo palese per non rasentare una sfacciata presa per i fondelli. Perché è di questo che stiamo parlando. Dopo la sceneggiata delle mascherine tolte per finta, ieri il Parlamento europeo ha autorizzato l’estensione del green pass di un altro anno, prorogandone il meccanismo fino al 2023. A dirla tutta l’assemblea con 432 voti favorevoli - tra i quali ci sono pezzi della maggioranza draghiana - autorizza i governi nazionali a decidere come farlo; come a dire: per l’Europa il lasciapassare deve durare ancora, ora vedetevela voi. Ovviamente qualche pezzo della maggioranza italiana si è affrettato a dichiarare il proprio rammarico o la propria contrarietà giusto per tentare di limitare i danni di immagine. Ma le chiacchiere stanno a zero: la proroga del green pass è lì, messa nero su bianco. Il governo italiano disattenderà tale scelta? Figurarsi.

 

 

Il Green Pass è lo strumento su cui stanno costruendo la società del controllo, un controllo a fin di bene per superare le emergenze, un controllo a fin di bene, un controllo contro gli evasori e i cattivi che non rispettano le regole. Prorogando il protocollo del lasciapassare, l’Europa è passata dall’eliminazione dei confini al confinamento dei cittadini, condizionando libertà e diritti. A settembre il green pass rafforzato tornerà a discriminare i cittadini tra vaccinati e non vaccinati. Il governo italiano ratificherà tale impegno, aggiungendo i soliti impegni da marinaio. Il film ci era apparso abbondantemente chiaro già sulle mascherine. Avevano strombazzato ai quattro venti la liberazione delle mascherine, il ritorno alla libertà, salvo poi precisare che su tutti i mezzi di trasporto restava obbligatoria, dagli aerei ai treni, dalla metropolitana ai bus; e soprattutto che nelle scuole bambini e adolescenti non potevano liberarsi in classe del presidio. Idem nelle università. Quale sia la ratio sanitaria, medica o scientifica di tale decisione non è dato saperlo: così ha deciso Speranza col suo clan e così hanno approvato in Consiglio dei ministri tutti quanti, dalla Lega al M5S passando per Pd, Forza Italia, Renzi e compagni vari.

 

 

Come se ciò non fosse bastato, la presa per i fondelli si è alzata di livello con le raccomandazioni che diventavano decisioni obbligatorie: sui luoghi di lavoro privati, infatti, sindacati e associazioni di categoria hanno firmato una intesa che vincola lavoratori e datori di lavoro a indossare ancora la mascherina. Persino nei luoghi di lavoro all’aperto. Bella libertà! Del resto, il ministro Speranza aveva anticipato la sua resistenza alla liberazione dalle mascherine creando la strada obbligata per una sostanziale riconferma dell’armamentario fino al 15 giugno. E così è stato, dalle mascherine al green pass. Quel che però non può passare è la meschinità di una classe politica che gioca con le illusioni dei cittadini, una meschinità che nobilita i più imbroglioni protagonisti del gioco delle tre carte. E se la verità non è possibile su mascherine e green pass, figuratevi cosa accade con le vaccinazioni. Ma di questo ci occuperemo un’altra volta.

 

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