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Stefano Cucchi, la sentenza sul processo depistaggi: condannati 8 carabinieri. Cinque anni al generale Casarsa

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Tutti condannati gli otto carabinieri imputati nel processo depistaggi sul caso Cucchi. La decisione del giudice Roberto Nespeca arriva, nell'aula bunker di Rebibbia, dopo otto ore di camera di consiglio e segna un altro punto fermo in una vicenda lunga quasi 13 anni.

Gli otto rispondono a vario titolo di falso, omessa denuncia, calunnia e favoreggiamento, e la decisione del giudice accoglie l'impianto accusatorio del pm Giovanni Musarò che, nella requisitoria, aveva parlato di "un'attività di depistaggio ostinata, a tratti ossessiva".

Tra i condannati c'è il generale Alessandro Casarsa: cinque anni di carcere per lui che nel 2009 era alla guida del gruppo Roma e per il quale l'accusa chiedeva una pena di sette. Condannato anche il colonnello Lorenzo Sabatino, ex capo del Reparto operativo della capitale, a un anno e tre mesi (l'accusa ne chiedeva tre).

"Non credevo sarebbe mai arrivato questo giorno", commenta emozionata Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. "Anni e anni della nostra vita sono stati distrutti, ma oggi ci siamo - aggiunge - E i responsabili sono stati condannati".

"È stato confermato che l'anima nera del caso Cucchi è il generale Casarsa", chiosa l'avvocato Fabio Anselmo, legale di Ilaria, mentre Adolfo Scalfati, difensore di Sabatino, parla senza mezzi termini di "errore giudiziario".

Rammarico per quanto accaduto al geometra romano, lo ha espresso anche il Comando Generale dei carabinieri, che in una nota ha sottolineato come la sentenza "riacuisca il profondo dolore dell’Arma per la perdita di una giovane vita. Ai familiari rinnoviamo - ancora una volta - tutta la nostra vicinanza". L'Arma, che si è costituita parte civile, "ribadisce" anche "il fermo e assoluto impegno ad agire sempre e comunque con rigore e trasparenza, anche e soprattutto nei confronti dei propri appartenenti".

La sentenza condanna a un anno e tre mesi Francesco Di Sano, che a Tor Sapienza era in servizio quando arrivò il geometra (il pm chiedeva 3 anni e 3 mesi), a quattro anni Francesco Cavallo, all'epoca dei fatti capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma (chiesta condanna a 5 anni e 6 mesi), a quattro anni il maggiore Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti Montesacro (chiesta condanna a 5 anni), a un anno e nove mesi Massimiliano Colombo Labriola, ex comandante della stazione di Tor Sapienza (chiesta condanna a un anno e un mese), a un anno e nove mesi anche Tiziano Testarmata, ex comandante della quarta sezione del nucleo investigativo (chiesta condanna a 4 anni), e a due anni e mezzo il carabiniere Luca De Cianni (chiesta condanna a 5 anni).

L'inchiesta ruota attorno alle annotazioni redatte da due piantoni dopo la morte del geometra romano e modificate per far sparire ogni riferimento ai dolori che il giovane lamentava la notte dell'arresto dopo il pestaggio subito nella stazione dei carabinieri Casilina, per il quale i due militari Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, sono stati condannati a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale.

È partito nel 2015 il filone di indagini, coordinate dal pm Musarò, che ha portato, lunedì scorso alla doppia condanna per omicidio preterintenzionale e alla decisione di oggi. È la sedicesima sentenza sul caso e segna un altro passo verso la verità, ma il procedimento rischia di finire senza condanne, per la prescrizione che interverrà, a luglio, sui principali capi d'accusa.

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