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Il caso del professor Orsini cacciato dalla Rai. Covid, Ucraina e opinioni divergenti censurate

Alexandro Maria Tirelli - avvocato e presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale
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Se sul vostro cammino incrociate un dubbio, non scacciatelo. È la dimostrazione che siete ancora vivi nello spirito e nella mente. Proteggetelo anzi come si protegge un indifeso dalle prepotenze del pensiero unico che, come un'enorme livella, appiattisce e uniforma. Azzerando le differenze, le diversità, la molteplicità del reale. Viviamo tempi bui in cui i gendarmi dell'opinione dominante provano a ingabbiare la libertà di pensiero. E lo fanno servendosi di tutti gli strumenti a disposizione: la censura, la derisione, la gogna pubblica. Lo dimostra ciò che è accaduto al professor Alessandro Orsini e ad altri prima di lui; attori protagonisti dello spettacolo della repressione che, da almeno vent'anni a questa parte, va in scena in Italia e nell'Occidente cosiddetto «libero». Portando l'una e l'altro a un arretramento e a un imbarbarimento del livello di «civiltà», intesa come modo di organizzare la comunità prevedendo spazi di dissenso piccoli o grandi che siano, che deve preoccupare. E che personalmente mi inquieta.

 

 

Rappresentare un polo dialettico alternativo a quello maggioritario è ormai considerato un atto di coraggio, talvolta di incoscienza, invece che la naturale evoluzione dello sviluppo culturale, politico e sociologico di una società matura che ha bisogno di confrontarsi con tutte le posizioni per poter crescere. E che può imparare a difendersi anche e soprattutto mettendo alla prova i propri anticorpi democratici sul terreno insidioso dell'ideologia e del «free speech». Sarebbe superfluo citare Voltaire e il suo classico «Trattato sulla tolleranza». Preferisco guardare all'insegnamento di Karl Popper sul valore epistemologico del dubbio quale motore propulsivo della conoscenza. Il dubbio non è il figlio delle tenebre dell'intelletto ma il faro rischiaratore che illumina e indica la via. Altrimenti, la ragione diventa fede. E il discorso cambia completamente. Fino a qualche settimana fa, erano la pandemia e i protocolli sanitari il teatro bellico in cui venivano combattute e sterminate le opinioni divergenti, eretiche, scomode. Oggi, il conflitto in Ucraina ha occupato lo stesso spazio e prodotto i medesimi risultati. Con l'aggravante di aver trasferito, sul piano del confronto intellettuale, il peso insopportabile della catastrofe umanitaria da cui siamo tutti, ovviamente, inorriditi.

 

 

Ridurre però l'analisi di un intellettuale del calibro del professor Orsini, al di là del merito delle posizioni, a cabaret di quart'ordine è una mortificazione che le libere intelligenze non meritano e che soprattutto fa torto alle nostre radici e ai nostri principi. Il regime della ghettizzazione è contro l'architettura stessa delle democrazie occidentali, che si distinguono da tutti gli altri modelli politico-istituzionali per una specifica peculiarità, come mi ha insegnato il compianto professor Temistocle Martines: il rispetto del pluralismo e delle minoranze. Oggi, purtroppo, il pluralismo e le minoranze sono due vuote enunciazioni di principio che faticano a trovare diritto di cittadinanza nell'opinione pubblica plasmata dai grandi centri mediatici. Poche e isolate sono le oasi di libertà che si stagliano nel deserto sterile del mainstream culturale. Difenderle è diventata ormai l'ultima trincea dei combattenti perla libertà di pensiero.

 

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